Benedico la mia incoerenza,
la disordinata danza
di andate e di ritorni,
di decisioni e di rivoluzioni,
di idee che mutano
in forma e sostanza.
Splendo di coerenza,
quando consumo il mio corpo,
cedendolo a vizi ed eccessi,
per anestetizzare l’agonia
di un anima puntata e trafitta
dalla tua ingombrante assenza.
Coerenza è chiedere ai veleni
di esaudire i miei desideri,
realizzare le mie profezie,
giudicare i miei peccati.
Sono forse meno coerente di te,
che definisci prezioso
il nostro breve tempo,
mentre te lo lasci alle spalle,
con l’agile facilità
con cui ci si libera
dalle briciole di un pasto
consumato per strada?
Benedico l’incoerenza
di ripudiare e riaprirsi
all’inutile pratica della Poesia,
con la quale dipingo lo squallore
di una sopravvivenza scontata,
vivendone i versi nelle viscere,
mostrandoli a vista sulla pelle,
mentre voi ne fate proclama,
senza riconsocerne il volto
quando la vita ve lo presenta.
Benedico la mia incoerenza,
perché non distinguo
tra amore ed odio,
desiderio e rancore:
ti penso e cerco l’oblio,
scandendo le fasi in istanti,
diverse maschere
di una medesima emozione.
Benedico la mia incoerenza,
perché rifiuto un abbraccio,
non ti guardo negli occhi,
ti mostro le spalle e me ne vado,
per accelerare l’idiozia
di negarsi ad un miracolo.
Sono meno coerente di te,
che chiedi quell’abbraccio,
chiedi quello sguardo,
chiedi che mi volti,
mentre decidi
di rinunciare?
Benedico la mia incoerenza,
perché ricomponendo i pezzi
di queste pagine strappate
tutto ciò che leggo
è il tuo nome:
la mia unica coerenza.