Io indosso una maschera da circa 50 grammi scarsi, così grande da non permettere di guardarmi il volto, rendendomi anonimo… Almeno credo.
Venerdì sera mi hanno detto che senza occhiali sembro un’altra persona, non è la prima volta che accade. A quanto ho capito, almeno a voler credere alle varie testimonianze, devo sembrare anche più carino, senza quei 50 grammi di plastica sul volto.
Oltre alla maschera, indosso anche dei costumi: a volte una camicia, altre una t-shirt, che cambiano a seconda delle occasioni.
Trucco e parrucco seguono il naturale evolversi delle mie giornate: quando i capelli diventano troppo ingestibili (per me “lunghi” è circa un centimetro), prendo il tosachioma e li riporto ad una lunghezza per me accettabile, cioè praticamente rasati e, già che ci sono, accorcio anche la barba.
Ecco che, quindi, a cicli regolari, il mio aspetto cambia e con esso l’approccio delle persone alla mia presenza/esistenza.
Capita, spesso, che mi senta dire “non credevo fossi così”, oppure “ti ricordavo diverso”, cosa che mi rattrista molto, perché io sono sempre la stessa persona, a cambiare, semmai, sono le aperture/chiusure degli altri.
Come è possibile risultare più bello/brutto, simpatico/antipatico, interessante/noioso a seconda di cosa si indossa, dello spessore della montatura o della lunghezza dei capelli e della barba? Eppure accade.
Accade per gli uomini e per le donne, di tutte le età, estrazioni sociali, tendenze sessuali, fedi religiose e gusti estetici: accade perché SIAMO LA MASCHERA CHE INDOSSIAMO.
Siamo, meglio ancora, la maschera che gli altri ci vedono sul volto: a volte qualcuno vede un angelo, altre volte un mostro.
Ultimamente non ho tutta questa voglia di scrivere, da quando Aurora è andata via non ho più un grande stimolo, quindi la concludo qui.
Vi lascio con un invito: guardate oltre la maschera se potrete e, se vorrete, lasciate che qualcuno guardi oltre la vostra.
Condivido a pieno. D’altronde siamo la generazione che non riconodceva Clark Kent da Superman
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