Sullo sgabello accanto c’è la mia solidarietà,
tre cd indie, lo stupido senso di appartenenza.
Su quello sgabello c’è la prossima vodka,
il fegato fegato fegato spappolato di Vasco,
l’intestino tenue irritato di Jack emaciato.
Sullo sgabello accanto c’è un hashtag criptato,
un tramonto perduto, un’alba sfiorata.
Su quel cazzo di sgabello, stretti stretti,
ci sono tre piccoli uccelli: non curartene.
Esco a fumare, guardo la panchina,
c’è un elfo seduto che mi affronta, stizzito:
”Dov’eri, ti aspettavo”, mi dice, sorride.
Sulla panchina fuori c’è la prossima canzone,
odore di pelle sconosciuta, un bacio promesso.
Sulla panchina fuori c’è strafottenza,
c’è tutta la sfida di un domani spavaldo.
L’elfo si alza, trasforma l’arco in chitarra:
”andiamo? Mi sono rotto di starmene qui,
da solo, in un bar, a chiedere refill.”
Sullo sgabello accanto c’eri anche tu,
sulla panchina fuori c’eravamo io e l’elfo:
non so dove sia tu adesso, non importa,
io sono con l’elfo… 1… 2… 3… 4…
