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Alan Shepard è stato il primo uomo a giocare a golf sulla Luna e deve tutto a una benedetta infezione all’orecchio.
Non faccio segreto della mia ossessione per Jim Lovell, comandante della missione Apollo 13, diventato famoso per la frase “Houston, abbiamo un problema”.
Oggi, però, voglio parlarvi di un altro uomo, suo collega, la cui storia è altrettanto affascinante, ma di gran lunga più fortunata.
Quello che mi affascina di questa storia è che “la fortuna”, all’inizio, si presentò nei panni di una sciagura.
L’uomo di cui voglio parlare è, come da titolo e apertura, Alan Shepard, che è stato anche il primo statunitense nello spazio.
Oggi ricorre il cinquantesimo anniversario della missione Apollo 14, di cui Shepard fu comandante e che discese nel cratere “Fra Mauro“, inizialmente previsto come punto di allunaggio dell’Apollo 13.
Shepard, quindi, realizzò il sogno interrotto di Lovell, che per la seconda volta vide qualcuno accaparrarselo al posto suo.
Non è questo, però, che mi affascina di questa storia, ma il fatto che Shepard avrebbe dovuto comandare l’Apollo 13, mentre Lovell era stato designato per l’Apollo 14.
I due si scambiarono i posti, all’ultimo momento, a causa dell’aggravarsi di un’infezione all’orecchio di Shepard.
Immaginate le reazioni dei due, quando appresero la notizia.
Di certo Shepard non ne fu felice, anche perché corse il rischio di dover abbandonare le missioni spaziali per sempre.
Lovell, invece, posso immaginare che fece salti di gioia.
Nessuno dei due, in quel momento, poteva sapere quello che sarebbe successo all’Apollo 13.
Quell’infezione si rivelò, invece, provvidenziale, almeno per il “povero” Alan, che ebbe il tempo di farsi operare, recuperare la forma ed essere nominato a capo della missione successiva.
Per il “fortunato” Lovell, invece, oggi sappiamo tutti che fu una tragedia: l’Apollo 13 non arrivò mai sulla Luna e rischiarono di morire, abbandonati nello spazio cosmico. Jim Lovell non sarebbe mai più tornato nello spazio.
Ecco, questo mi affascina: non possiamo sapere che ripercussioni avranno, sulle nostre vite, gli eventi, che siano belli o brutti.
Quello che, all’inizio, può sembrare una fortuna, dopo un po’, può rivelarsi una sfiga di proporzioni (letteralmente) cosmiche e viceversa.
Quello che sappiamo oggi è che, senza quel problema all’orecchio, Shepard sarebbe salito sull’Apollo 13, ma non sapremo mai come sarebbe andata a finire. Jim Lovell, invece, avrebbe passeggiato nel Cratere Fra Mauro.
Dovremmo sempre attendere qualche tempo, prima di disperarci o esultare per qualcosa che ci è capitato, osservarne le conseguenze e valutarne gli effetti a lungo termine.
Mi chiedo se anche a voi sia mai accaduto qualcosa del genere.
Avete mai scoperto che una sfortuna, in realtà, fosse una fortuna? Avete mai capito che quella fortuna, invece, era una sfortuna? Se vi va, raccontatemelo.
Comincio io? Ok, comincio io!
Una volta, mentre lavoravo in animazione, feci un casino con dei cavi e dovetti restare in deposito a sistemarli, non potendo uscire con gli altri membri dello staff, che invece, essendo venerdì e potendo dormire il giorno dopo, erano andati a fare baldoria. Eromolto deluso, avevo 23 anni e volevo divertirmi.
Terminai il mio lavoro e mi fermai a scambiare due parole con il barista della piscina, prima di tornare a casa, rassegnato a finire quella notte da solo.
Il caso volle, però, che in piscina fosse rimasta una ragazza francese, che tentava di nascondersi da un paio di miei colleghi troppo insistenti.
Quei colleghi, che erano anche miei superiori, in quel momento erano con il resto dello staff ed io ero l’unico rimasto: avevo campo libero.
Fu una notte dolcissima, lei era bellissima e ancora oggi, qualche volta, scambiamo qualche messaggio, tramite i social.
Insomma, se non avessi avuto quel problema con i cavi, che all’inizio mi sembrò una catastrofe, non avrei incontrato quella ragazza e non ci avrei fatto l’Amore, in riva al mare, sotto una Luna che sembrava disegnata…
Quella stessa Luna sulla quale Shepard giocò a golf, grazie alla sua “sfortuna”. Quella stessa Luna che Lovell non calpestò mai, a causa della sua “fortuna”.
Un pensiero su “Quella benedetta infezione di Alan Shepard”