Io ti conosco Jim, hai i miei occhi,
colmi di smania e di rimpianti.
Due volte l’avemmo tra le mani,
due volte scivolò tra le deboli dita.
Era lì, così vicina, così reale,
da pensar d’averla afferrata,
ma era solo un’orbita, un’illusione.
È solo una pietra sospesa, Jim,
alla quale offriremmo la vita,
per poterla toccare, fare nostra,
portarla con noi, per sempre,
tenerne una briciola in tasca.
Siamo vivi Jim, siamo a casa,
siamo al sicuro, sopravvissuti,
reduci da un impatto mancato,
ma avremmo preferito schiantarci,
contro quella maledetta Luna,
che tanto manca all’anima,
da non riuscire a guardare il cielo.
Leggi anche “Jim Lovell non si può lamentare” (2017).
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