Tutte le volte che stavo per morire

[Tempo di lettura stimato: 5 minuti]

Ieri stavo per morire o almeno mi sarei fatto molto male.

Ieri sera mi stavo asciugando i capelli e all’improvviso l’asciugacapelli ha cominciato a fare un rumore strano, subito seguito da una forte vibrazione e quasi immediatamente da prima fumo e poi scintille.

Sono riuscito a staccare la spina giusto in tempo, prima di sentire qualcosa, all’interno dell’apparecchio, fare “zzz-zzz-boom”!

In pratica l’asciugacapelli mi è scoppiato in mano e non è la prima volta che accade. La scorsa volta a fare corto-circuito fu il cavo, che era ridotto a un groviglio informe. Anche in quel caso ci furono prima le scintille e poi quel “zzz-zzz”, anche se senza il “boom”.

Nella mia vita ho rischiato di morire innumerevoli volte e quasi tutte rigorosamente in maniera ridicola.

Il mio epitaffio, se una sola di queste occasioni si fosse realizzata, sarebbe potuto essere “visse da idiota, morì coerente”!

Ho quindi cominciato a pensare a quelle più eclatanti.

Le prime due volte che ho rischiato di rimetterci le penne non le ricordo, ero troppo piccolo e me le hanno raccontate.

La prima volta non camminavo ancora, ma già gattonavo e dormivo in un lettino, perché qualche mese prima mi ero ribaltato con la culla.

Dal lettino partivano delle mensole, che formavano una specie di scala fino all’armadio (che geni i miei).

Sull’armadio c’era una motocicletta giocattolo. Mia madre entrò in stanza e non mi trovò, poi si accorse che ero sull’armadio, intenzionato a lanciarmi con la motocicletta.

La seconda volta stavo mangiando un biscotto e mi si incastrò in gola. Mi hanno raccontato che divenni paonazzo, con le vene del volto e del collo in evidenza.

A quanto pare fu una mia zia, buonanima, a salvarmi la vita, prendendomi per i piedi e infilandomi due dita in gola.

Insomma, ancora non avevo finito l’asilo, ma già avevo visto la morte con gli occhi per ben due volte.

Passarono un po’ di anni e mio padre mi insegnò ad andare in bici, senza rotelle. Togliere le rotelle è un momento importantissimo nella vita di un bambino, ma io avevo deciso di renderlo indimenticabile.

Facemmo un giro per il paesello, poi tornammo a casa. Io mi lanciai, spericolato, giù per la discesa che portava ai garage.

Ebbi giusto il tempo di sentire mio padre gridare “Fofò, non il freno d’avan…” e BOOM, di nuovo!

Indovinate che freno avevo tirato? Esatto! Quello d’avanti!

La bici si piantò in terra, impennò sulla ruota anteriore e io fui scaraventato contro un muro a una velocità folle.

Sapete quando nei cartoni animati i personaggi vedono le stelle? Ecco, fu proprio così!

Fortunatamente, a parte qualche ammaccatura, non ci furono ripercussioni gravi!

Prima di finire le elementari, attentai alla mia vita ancora altre due volte.

Una volta, al mare, in una gara d’immersione con un amico, tirandoci lungo la corda d’ancoraggio di una boa, rimasi impigliato per qualche minuto, prima che qualcuno si accorgesse che non risalivo e venisse a liberarmi.

Un’altra volta, in montagna, durante una discesa, io e mio padre sbagliammo pista: invece della rossa, prendemmo la nera e ovviamente ci perdemmo.

Dato che la legge di Murphy è sempre valida, venne anche a nevicare prepotentemente. Tornammo a valle semi-congelati, ormai col buio, mentre già si stavano mobilitando i soccorsi, con tanto di fiaccole e madre in lacrime di disperazione.

In effetti, in tutti e cinque i casi citati, c’è una costante: mia madre che viene soccorsa da qualcuno, perché si sente male.

Insomma, prima delle scuole medie non sono avevo rischiato di morire cinque volte, ma avevo anche quasi ucciso mia madre in altrettanti casi!

Arrivato al liceo, oltre ad almeno dieci volte in cui ho seriamente rischiato il coma etilico, l’occasione seria di togliermi dalla circolazione l’ho avuta a 15 anni, quando mia madre si decise a comprarmi un motorino e io mi ci schiantai, dopo circa 15-20 minuti dall’uscita dal concessionario.

Dato che il motorino non mi bastava, qualche anno dopo utilizzai la mia prima borsa di studio per acquistare una bicicletta da trial, convincendo degli amici più grandi ed esperti a portarmi, con loro, in montagna.

Lo ricordo benissimo, era il tramonto, eravamo in cima ed io ero felicissimo: correvo libero, su questo prato dipinto di rosso dal Sole calante.

Sentivo i miei amici urlare “we Fo’, we Fo'”, ma pensai fossero grida d’incoraggiamento.

In realtà, stavano cercando di avvertirmi che mi stavo lanciando verso l’inizio di una cava in disuso, che riuscii fortunatamente a evitare, fermandomi giusto in tempo.

Arriviamo all’Università, avevo passato la serata con degli amici e stavo rincasando, in auto.

Pioveva, la strada era molto scivolosa e io stavo ascoltando i Linking Park: tre fattori che, se sommati, generano sicura catastrofe!

A una curva persi il controllo dell’auto, che sbandò, uscì di strada, impennò usando il marciapiedi come trampolino e atterrò qualche metro dopo, continuando la sua corsa per una ventina di metri.

Si fermò poco distante dallo scavo per le fondamenta di un palazzo in costruzione, con i semiassi distrutti, ma con lo stereo che continuava a cantare “Somewhere I Belong“.

Qualche anno dopo, tornando da un live con la band, verso le quattro del mattino, due anziane signore, di ritorno dalla balera e completamente ubriache, non si fermarono a un semaforo e ci colpirono in pieno, a velocità abbastanza sostenuta.

Altro luogo, altro live, ma all’andata: una tizia, parlando al telefonino, non si fermò a uno stop e colpì prima nella mia auto, spostandola (una multipla con quattro uomini e gli strumenti) e continuando per un bel po’ di strada, fino a schiantarsi in una Classe A nuova fiammante, distruggendola.

Queste sono solo alcune delle volte in cui la Signora Morte mi ha guardato e mi ha detto “la prossima volta”, una volta ne avevo paura, oggi non più.

Non ho paura della Morte, ma non perché non ami la Vita, anzi la adoro… Ho imparato ad adorarla!

Io non ho paura della Morte, in quanto tale, perché le mie paure rispetto a lei sono altre: ho paura di morire da solo e di non aver vissuto abbastanza quando arriverà il mio momento.

Quando morirò, vorrei essere soddisfatto della mia vita, aver lasciato un buon segno, un bel ricordo nelle persone.

Quando morirò, vorrei che chi mi ha conosciuto, pensandomi, sorrida.

Quando arriverà il mio momento, voglio che le persone, pensando alla mia Morte, ricordino la mia Vita!


Photo de Marley Clovelly provenant de Pexels

4 pensieri su “Tutte le volte che stavo per morire

  1. Ho paura di morire da solo e di non aver vissuto abbastanza – questo è un ragionamento che presuppone la logica, mentre la morte è qualcosa di biologico, è fisica. Bisogna iniziare a pensarla da fatalisti: quando arriva è perché HAI vissuto abbastanza.
    …comunque sei peggio di un gatto!

    Piace a 1 persona

    1. Magari fossi un gatto… Quelli che conosco io fanno una vita bellissima… Però spiegami che intendi?
      Io nell’articolo comunque intendevo dire che non ho paura della morte perché non spreco la vita… Almeno quasi mai…
      Thanks for reading 🙂

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