N’aggio avuto a custanza

Inizialmente questo blog era chiamato “L’Estraneo” e nessuno, tra quelli che conosco, sapeva della sua esistenza.

A volte rimpiango quel periodo, durante il quale potevo scrivere tutto quello che mi passava per la testa, senza ripercussioni sulla mia vita o su quella di altri.

In effetti, fu proprio questo che mi spinse ad aprire il blog: “vomitare”, così chiamavo (e chiamo) il bisogno letteralmente “fisico” di scrivere.

Non saprei definirlo diversamente, se sapessi farlo, citando una frase da “Il Postino”, lo farei, ma è l’unico modo che conosco (scena qui: https://youtu.be/FEwWhoERAyg?t=142)!

Nella mia vita ho sfiorato più di una dipendenza, scansandole quasi tutte, alcune per il rotto della cuffia. Solo due di queste sono arrivate ad attecchire: la scrittura e le sigarette, entrambe nuocciono gravemente alla salute.

Come con le sigarette, arriva un momento in cui mi è impossibile r-esistere senza scrivere, anche se, come con le sigarette, molto spesso neanche so bene cosa, come e perché.

Il mio primo “sito” di poesie, nel 1997, quando la parola “Blog” non era ancora così famosa, si chiamava “Scrivere per Sopravvivere” ed ancora oggi la filosofia è quella.

A volte mi ritrovo con la cicca spenta tra le mani, senza neanche il ricordo lucido di averla accesa. Allo stesso modo, mi capita di fissare il foglio bianco (o lo schermo, molto più spesso).

Continuando sul parallelismo nicotina-inchiostro, ovviamente ci sono fasi di picco e di calo, durante i quali la dipendenza si fa più o meno forte.

In uno di questi periodi di picco, nacque, appunto, “L’Estraneo”, che oggi esiste ancora, ma è un blog protetto da password, nel quale prendo appunti e scarico la merda che qui non posso.

Non potevo continuare a “vomitare” sui social, perché quelli li leggevano tutti, causando tutta una serie di ripercussioni indesiderate: amici e parenti preoccupati, l’immagine da eterno depresso ed il conseguente pietismo erano solo alcune di queste.

Chiusi, quindi, i social (per un po’) e cominciai a scrivere per “Gli Estranei”, persone che non mi conoscevano personalmente e delle quali io ignoravo l’identità, che ancora oggi costituiscono il nucleo centrale dei lettori di questo blog.

Fu subito chiaro quanto gli sconosciuti fossero importanti nella mia vita, quando, pubblicando un brano su SoundCloud, cominciai ad avere apprezzamenti da persone che vivevano dall’altra parte del mondo, mentre (magari) il mio vicino di casa neanche sapeva che scrivessi canzoni.

Poi, ad un certo punto, decisi di “rivelare” l’esistenza del blog, solleticato dalla vanità: cancellai tutti i contenuti che avevo scritto sotto effetto del rigurgito e ricominciai da zero.

Oggi, a volte, mi pento di quella scelta. Spesso mi manca la libertà di poter aprire il blog e lasciarmi andare, senza preoccuparmi delle conseguenze e dell’immagine, senza dare spiegazioni, senza dover poi incontrare le persone di cui scrivo o magari costringermi a non farlo.

Un esempio che faccio spesso, tanto per darvi l’idea delle ripercussioni, è costituito dal fatto che a nessuna donna frega una minchia di quello che scrivi per lei, anche se, per qualche ragione che non comprendo, tutte danno un’importanza vitale a tutto quello che hai scritto per altre.

Certo, lo ammetto, molta di questa mancanza di libertà è una mia fissa, nel senso che in effetti è così, ma in modo anomalo: le persone delle quali scrivo, spesso, neanche se ne accorgono, ma lo fanno “gli altri”.

Quindi, se io adesso dovessi parlare di “X”, potrei creare una sofferenza o una preoccupazione in “Y” e non sono proprio il tipo di persona che se ne sbatte altamente degli altri.

Proprio per evitare, in parte, questi problemi, tempo fa ho eliminato gli “hashtag” nominali, che usavo per dividere le poesie tra le persone alle quali erano dedicate.

In fondo, diciamocelo chiaro, pur cambiando sempre nome, sono dedicate quasi sempre alla stessa persona: quella che ha scelto di non esserci!

Insomma: “Il mio inutile superpotere” serve solo a svuotarmi lo stomaco dal veleno e quando ha effetti su altre persone, sfortunatamente per loro, sono danni collaterali. E poi si stupiscono della mia definizione della Poesia come “una pugnetta”.

Un altro problema derivante dal blog è che per alcuni/e, a volte, io sono Bloggolo!

Il problema è che io NON SONO Bloggolo, non sono un nano fatto di pixel, ma un essere umano, fatto di carne, ossa, difetti, incoerenze e disfunzioni: se chi è stato destinatario delle mie parole le ha sempre ignorate, è capitato più di una volta che altre persone le prendessero come manifesto della mia vita, pensando forse di conoscermi tramite loro e spesso (quasi) pretendendo che vivessi secondo quello che avevo scritto.

(S)Fortunatamente, però, il blog è solo una caricatura e io non vivo vincolato a quello che scrivo.

Per fare un esempio, se in una poesia (La preghiera di un idiota), una volta, ho affermato che avrei dato un braccio o una gamba, in cambio di un altro istante con una certa “lei”, non vuol dire che lo avrei fatto davvero!

Ebbene, sappiate che l’unica persona che prese “alla leggera” quelle parole fu proprio quella che avrebbe dovuto (o avrei voluto) dare loro più peso, mentre almeno una decina di persone, all’epoca, si preoccuparono di raccomandarsi affinché io non praticassi mutilazioni permanenti al mio corpo.

Ehm… Qualquadra non cosa!

Quante volte ho affermato di voler essere diverso da quello che sono? Ecco, questo è uno dei motivi alla base di quel desiderio, anche se, in realtà io non mi sto poi così tanto sui coglioni, almeno non sempre.

Ho chiuso e riaperto questo spazio almeno cinque volte, riaprendolo ogni volta per puro bisogno “fisico”!

LA COSTANZA di mantenere il punto non l’ho mai avuta, non ci sono mai riuscito!

So bene che smettere di scrivere avrebbe delle ripercussioni positive, ma l’astinenza sarebbe di gran lunga troppo dolorosa.

Eh, sì, la costanza, è il mio vero tallone d’Achille: i periodi di magra e periodi di abbondanza hanno sempre caratterizzato ogni mia produzione artistica, in ogni campo. Stessa cosa nella vita “reale”!

Ad esempio, so bene che dovrei fare un po’ di esercizio fisico e spesso ci provo anche, ma resisto due giorni se va proprio bene.

So bene che dovrei andare a dormire prima, per non svegliarmi come un ebete la mattina, ma finisco sempre per guardare un’ultima puntata, bere un ultimo bicchiere e fumare un’ultima sigaretta.

So bene che dovrei smettere di frequentare quel posto, per non vedere più quella persona. Lo so bene, perché dopo sto male, ma sono cosciente anche del fatto che se non la vedessi starei peggio.

È come smettere di fumare: so che mi fa male, ma non ho la costanza di provarmene, perché la promessa di un benessere futuro non riesce a surclassare il malessere presente.

Dove voglio arrivare? Proprio da nessuna parte, bloggolini e bloggoline: questo pezzo non ha alcuno scopo!

Questo non è uno di quegli articoli che partono da A, fanno un lughissimo giro ed arrivano a B: questo post è partito da X e lì è rimasto!

Perché? Eh…

Che volete che vi dica?

Ho chiuso i social, per la mia periodica fase di disintossicazione, Aurora mi gira di nuovo per casa ed io avevo un incredibile bisogno “fisico” di vomitare…

Mi asciugo la bocca…

Fine!


Foto di Suzy Hazelwood da Pexels

9 pensieri su “N’aggio avuto a custanza

      1. Abbiamo bisogno di conferme più di quanto siamo pronti ad ammettere, per questo stabiliamo un rapporto di amore-odio con i social. Li amiamo perché ci fanno sentire meno soli, li odiamo perché vorremmo essere considerati nella vita di tutti i giorni…sono la grande contraddizione del nostro tempo…
        Gran bel pezzo, bravo Bloggolo!

        Piace a 1 persona

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