Sono acqua, informe, isotropa:
versami in un bicchiere
e sarò il bicchiere stesso,
ne prenderò le sembriamze.
Chiudimi in una bottiglia
e ne imiterò le curve.
Posso essere il letto di un fiume,
la profondità dell’abisso,
le pieghe delle tue mani.
Piovo e mi divido in gocce,
poi evaporo, risalendo, espando,
per prendere la forma del cielo.
Sono lo sciacquone, il cesso,
la fognatura, lo scarico,
il filtro del depuratore.
Sono la tua bocca,
il tuo stomaco, la vescica.
Sono il radiatore dell’auto,
il tubo, la cisterna, il serbatoio.
Sono tutto ciò che mi contiene,
finché riesce, poi sono furia.
Sono il bicchiere che trabocca,
il tubo che esplode, per la pressione,
le dita che non trattengono.
Sono l’alluvione che inonda le strade,
il tombino che salta all’improviso.
Io sono l’oceano che culla o uccide,
a seconda dei venti che incontra:
tu vuoi contenermi o soffiare?
