Il ministro degli esteri russo Lavrov parla alla TV italiana e subito s’innesca l’effetto “folletto”.
Ma cos’è l’effetto “Folletto”? Oggi lo approfondiremo meglio.
La prima volta che ho intuito la sua esistenza è stata nella mia Lettera aperta ai sindaci anti 5G e ricordo bene che ci misi un po’ per definirlo.
Vedevo quello che stava accadendo, ma non sapevo descriverlo, almeno non in maniera sintetica.
Poi sono riuscito a “isolarlo”, un po’ come si fa con un virus, per usare un esempio a noi ormai familiare.
L’effetto “Folletto” è un disturbo comportamentale di cui soffre la popolazione italiana e che si manifesta con la tendenza a gestire alcune situazioni alla stregua di una dimostrazione del famoso aspirapolvere bianco e verde.
Questo effetto richiede, necessariamente, la presenza di due parti sociali, che assumono il ruolo del “rappresentante” e della “platea”.
Anche la comunicazione si adegua al contesto, assestandosi su un livello molto simile al salotto di una comune casa italiana.
Gli ambiti preferenziali dell’effetto “Folletto” sono essenzialmente quelli nei quali la platea è, per natura, più vasta: giornalismo e politica, ma si ramifica anche in contesti minori.
Ora che abbiamo, velocemente, definito l’ambito dei questo terribile disturbo, possiamo concentrarci sul rapporto causa/effetto: come e perché si manifesta e quali sono le sue conseguenze?
Sfortunatamente, le poche risorse a mia disposizione non mi consentono di approfondire le reali cause di questo fenomeno. La mia squadra di ricerca, composta dal dott. Me, dai proff. Io, Medesimo e da un paio di gatti da cortile, non è ancora riuscita a definire un quadro completo sulle origini del disturbo.
Possiamo, tuttavia, affermare che, in generale, esso ha origine in tutte quelle situazioni in cui un soggetto A si ritrova a gestire una comunicazione con un soggetto B, tendenzialmente omogeneo, dal quale dipende la sua sopravvivenza.
I soggetti A e B possono essere due individui, ma più spesso sono rappresentati da gruppi di persone. Molto spesso accade anche che il soggetto A sia un individuo, mentre il soggetto B sia un gruppo.
Possiamo fare tanti esempi, ma quelli più semplici da descrivere sono due: giornalismo e politica.
Sia il giornalista che il politico, infatti, condividono un’unica condizione di sopravvivenza sociale: per non “morire” devono, necessariamente, arrivare a più persone possibile e catturarne attenzione e consenso.
Come in una dimostrazione casalinga di un aspirapolvere, quindi, ecco che il pubblico non si aspetta certo di sentirsi dire che quel vecchio tappeto è logoro e va buttato o che per pulire bene casa bisogna farsi il culo.
No! Il pubblico, sul divano, vuole sentirsi dire che con il nuovo modello dell’aspirapolvere, oggi con più turbo e fornito dell’innovativo sistema ravviva-tappeti mega-splendend-max, quel vecchio straccio, che ti ostini a tenere in salotto, sembrerà appena ritirato al negozio.
Il pubblico sul divano vuole sentirsi dire che, col super-fantastico-iper-nuovo aspirapolvere, non faticherà più per pulire casa e gli resterà tempo per l’aperitivo, il pilates e la partita di calcetto con gli amici.
A quel punto, una volta rapito e drogato di aspettative, il pubblico sul divano non farà più caso che il nuovo aspirapolvere, che in realtà differisce da quello vecchio solo per la forma, gli costerà millemila euro, da pagare in comode rate mensili, per metà della sua vita.
Quando, poi, gli arriva a casa, il pubblico del divano “scopre” che l’aspirapolvere, per quanto avveniristico, non ripara i buchi fatti dal gatto nel tappeto e non pulisce il cesso, ma che fa solo quello che promette il suo nome: aspira la polvere!
Il rappresentante dell’aspirapolvere è stato disonesto? Non del tutto!
Non ti ha mai fatto promesse esplicite, non ha mai detto che i buchi nel tappeto sarebbero spariti: sei stato tu, sul divano, a immaginarlo!
Il rappresentante dell’aspirapolvere ha detto quello che volevi sentirti dire per giungere alla conclusione alla quale volevi arrivare!
Perché lo ha fatto? È il suo lavoro: se non vende, viene licenziato!
Ora prendete quanto detto fino a questo punto e cambiate il soggetto A, ossia “il rappresentante”, con “il politico” o “il giornalista”: cambia qualcosa?
Il pubblico sul divano è esattamente lo stesso e le dinamiche sono identiche!
Attenzione, perché non fa differenza il fatto che il politico ricopra una carica pubblica o che il giornalista diriga un talk show in prima serata, perché alla base il principio resta sempre lo stesso: accumulare consenso!
Quindi, se io sono il sindaco di una piccola cittadella di provincia e il mio popolo è in fissa col 5G, convinto che gli faccia crescere le antenne sotto le ascelle, mentre le elezioni si avvicinano, io non posso fare altro che dargli quello che vuole: impedire che vengano installate antenne 5G sul mio territorio!
Poco importa se le paure della popolazione risultano infondate e se viviamo un’epoca storica (pandemia, lockdown) che necessita di connessioni più stabili e veloci: il popolo si è convinto di una cosa e il sindaco/rappresentante deve dargliela, se vuole essere rieletto!
Attenzione ancora, perché in questo caso il sindaco non è rappresentante del popolo, ma dell’aspirapolvere!
Un sindaco rappresentante del popolo, infatti, dovrebbe farne gli interessi, non realizzarne i desideri!
Un sindaco rappresentante del popolo non baderebbe alla rielezione, ma all’utilità per il cittadino: guiderebbe la popolazione, non la asseconderebbe!
Stessa cosa accade nel giornalismo!
Se a casa, il pubblico, vuole sentire “gli esperti” che si scannano, allora il talk show gli serve quello che desidera e non importa se, alla fine, i due contendenti non arrivano ad alcuna conclusione!
Il pubblico sul divano non vuole, davvero, conoscere qualcosa di nuovo, perché probabilmente non vuole addirittura cambiare idea: vuole restare comodo, sul divano, con le proprie convinzioni e possibilmente con un argomento di cui discutere con i colleghi, all’indomani.
Anche il pubblico dell’aspirapolvere è così: non vuole sapere che, in effetti, il marchingegno non ripara il tappeto strappato, perché altrimenti di cosa parlerà, il giorno dopo, con amici, parenti e vicini?
Arriviamo, quindi, alla questione, più concreta, dell’apparizione del Ministro degli Affari Esteri Russo, Lavrov, alla TV italiana, che ha suscitato tante polemiche.
C’è chi ha affermato che non avrebbe mai dovuto essere invitato e chi, più democraticamente, ha dichiarato che era giusto invitarlo, ma con un atteggiamento giornalistico diverso.
La mia domanda è solo una: cosa vi aspettavate?
Analizziamo il contesto: la trasmissione, alla quale Lavrov ha parlato, era “Zona Bianca”, condotta da Giuseppe Brindisi, su Rete 4.
Non facciamo gli ipocriti, conosciamo tutti il pubblico medio di questo talk show e sappiamo benissimo che, in larga parte, si tratta di persone che manifestano, apertamente, il loro sostegno a Vladimir Putin.
Il soggetto B, in questo caso, rivela tutta la sua omogeneità. Del resto, anche alle dimostrazioni casalinghe le persone sono sempre le stesse, perfino quando si passa dall’aspirapolvere ai contenitori per il cibo o ai prodotti per la cura del corpo.
Al pubblico delle dimostrazioni non interessa l’oggetto, ma il semplice fatto di esserci! Gli altri, quelli a cui le dimostrazioni non interessano, comprano l’aspirapolvere al centro commerciale, i contenitori al negozio di casalinghi e i prodotti per il corpo in profumeria, se non (ormai) online.
Tenendo presente quanto detto sull’effetto “Folletto”, come pensate avrebbe reagito il pubblico sul divano, che sappiamo essere omogeneo, se l’intervista si fosse svolta diversamente?
Si accusa Giuseppe Brindisi di aver augurato “buon lavoro” a Lavrov, ma è logico che dovesse farlo: stava semplicemente dando voce al suo pubblico medio che, sul divano di casa, era felice del fatto di avere argomenti da usare nelle sue dispute quotidiane sull’argomento!
Quando Lavrov ha tirato fuori il vecchio falso storico (Butac qui è molto chiaro nel dimostrarlo) sulle origini ebree di Hitler, il pubblico sul divano non si è minimamente preoccupato di verificare: aveva un nuovo argomento e il conduttore è stato molto attento a lasciarglielo, altrimenti avrebbe cambiato canale!
Giuseppe Brindisi non stava rappresentando l’informazione, ma gli inserzionisti delle pause pubblicitarie: stava vendendo un aspirapolvere!
Viviamo nell’era degli influencers, che sono il più grande cortocircuito della storia della comunicazione: danno al loro pubblico quello che vuole, facendogli credere di essere loro a dirgli cosa volere.
L’effetto “Folletto” porta questo meccanismo a livelli istituzionali, “influenzando” tutta la nostra vita, con conseguenze spesso catastrofiche.
Come si cambia? Non lo si fa, almeno non è possibile senza cambiare tutto il sistema!
Ormai questo sistema è talmente radicato, nelle nostre vite, da esserne diventato un meccanismo fondamentale.
Per fare un esempio, sarebbe come pretendere di togliere le ruote da un’automobile: non si può!
Da un’automobile si può togliere lo stereo, il condizionatore, addirittura i sedili, ma le ruote restano fondamentali!
Cosa si può fare? Inventare l’auto volante o, in alternativa, usare la bicicletta!
Concretamente, specialmente in ambito politico, si dovrebbe smettere di dare il proprio consenso a chi ci lusinga, dandoci ragione.
La storia dei politici che fanno promesse è vecchia quanto questa nazione, ma raramente le hanno mantenute: noi, però, continuiamo a credere a quelle promesse!
Lo facciamo perché non ci interessa che vengano mantenute, ma che le facciano: è l’effetto folletto!
Immaginiamo come cambierebbe tutto, invece, se fondassimo le campagne elettorali non su quello che i candidati promettono di fare, ma su quello che hanno fatto, durante tutta la loro vita!
La “cura” per l’effetto folletto esiste, ma è una medicina amara e dobbiamo accettare che non ci piacerà.
Dobbiamo accettare che l’aspirapolvere non ci laverà la tazza del cesso e che toccherà a noi metterci in ginocchio e infilarci le mani!
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