Alberto Genovese è figlio della nostra società: siamo tutti colpevoli! ANCHE TU!

Alberto Genovese non è un “maschilista”, è un criminale! PUNTO!

Preferisco chiarire ora questo punto, perché lo riprenderò più avanti e non mi va che qualcuno ne dubiti, durante la lettura.

Credo che la vicenda alla quale mi riferisco sia, ormai e tristemente, ben nota a tutti. Se così non è, cercatela in rete.

Un breve riassunto: Alberto Genovese è un uomo di 42 anni, che abitualmente organizza (organizzava?) festini a base di alcol e droghe, ai quali invita (invitava?) anche giovani donne. Attualmente è accusato di aver stuprato e seviziato PER ORE almeno una di queste donne, aspirante modella diciottenne, resa inerme dall’abuso di alcolici e stupefacenti. Si sospetta, purtroppo, che non si tratti di un caso isolato.

Cerchiamo, intanto, di capire chi è Alberto Genovese.

Sappiamo che il soggetto è un imprenditore: dopo una laurea in economoa alla Bocconi, si è fatto le ossa in eBay, poi ha fondato facile.it e Prima Assicurazioni. Attualmente detiene quote societarie di varie aziende attive nel ramo “online”. Alberto Genovese è un “Ragazzo di buona famiglia”, che frequenta (frequentava?) gente rispettabile.

Sappiamo che Genovese è uno stupratore? NO! Non lo sappiamo, perché il nostro ordinamento giudiziario, per fortuna o purtroppo, sancisce che nessuno è colpevole, fino a condanna definitiva. Quindi, per la legge italiana, attualmente Genovese non è uno stupratore.

Possiamo sospettare che Genovese sia uno stupratore? Non sarò io a dirvi cosa credere, ma vi dirò quali sono le evidenze, attualmente, accertate. Esiste, ad esempio, una chat di gruppo sulla quale l’imprenditore “sceglieva” le modelle che avrebbero preso parte ai festini. Esistono i referti medici sulla ragazza, che è riuscita a fuggire e chiedere aiuto, mentre era ancora sporca di sangue. Esiste (pare che esista) un video della violenza, che lo stesso uomo ha (avrebbe) fatto girare tra i suoi contatti. Esiste una (mezza) confessione dello stesso Genovese.

Fatevi un’idea…

Genovese è un drogato alcolista? Non lo sappiamo, ma sappiamo che a quei festini girava molta droga, come testimoniato dalla “bella gente” che vi prendeva parte.

Ora, cosa sappiamo, invece, della ragazza?

Personalmente poco e niente, quindi ci metterò poco anche a farne una sintesi.

La ragazza è una diciottenne, quindi poco meno di una donna e poco più di una ragazzina. La ragazza è un’aspirante modella e, come tante altre, cerca di crearsi una rete di contatti, tra la “gente che conta”. La ragazza faceva uso di sostanze stupefacenti, perché nessuno l’ha obbligata a sniffare cocaina. La ragazza frequentava ambienti ambigui, perché nessuno l’ha costretta a prendere parte a quei festini. La ragazza è stata stuprata ad uno di quei festini, perché questo è certo, anche se per l’ordinamento italiano Genovese attualmente è ancora innocente.

Quindi, tirando le somme, sappiamo che c’è stato un festino, che a quel festino girava droga, che la ragazza ha abusato di alcol e cocaina e che è stata stuprata e torturata per ore. Quello che non è ancora chiaro è se lo stupratore sia stato Alberto Genovese o il fantasma formaggino, travestito da Alberto Genovese… Su quest’ultimo punto gli inquirenti stanno ancora facendo chiarezza.

Parliamoci chiaro, questa bruttissima storia l’abbiamo già sentita moltissime altre volte, anche se puntualmente torna a fare capolino sulle bacheche indignate del popolo iquisitore, cambiando solo i nomi dei protagonisti e qualche dettaglio nell’ambientazione.

Per quanto mi riguarda, non è una di quelle storie che perdono effetto dopo la decima volta che le senti, lasciandomi sempre con quello stramaledetto senso di inadeguatezza e di impotenza, oltre che di schifo e vergogna.

L’idea che una persona possa costringere un’altra a fare qualcosa contro la sua volontà mi inorridisce.

Sì, ho detto “persona” e non “uomo”. Sì, ho detto “qualcosa” e non “stupro”.

Rivendico questa scelta lessicale per coerenza: da sempre, infatti, sono convinto che uno stupro sia il sintomo più evidente di una violenza diffusa in tutta la società e che sia proprio quella violenza da combattere. Meglio ancora, da combattere è l’accettazione di quella violenza come “normale”.

Mamma mia, sento già il fetore della valanga di merda che mi sto attirando addosso, per quello che sto per dire:

Lo stupro, in se, non è il problema, ma la conseguenza di un problema!

SHITSTORM in 3, 2, 1…

Per quelli di voi che non hanno le mani sporche delle proprie feci e il sangue al cervello, mi spiegherò ancora meglio!

Facciamo un esempio a noi tutti, sfortunatamente, ormai familiare: il virus.

Il virus attacca il nostro organismo e crea una patologia, che si manifesta sotto forma di sintomi, quali (ad esempio) febbre, tosse e raffreddore. Prendere farmaci contro quei sintomi è un palliativo, ma non sconfigge la malattia, perché il virus rimane in circolo e quindi c’è bisongo di un vaccino.

Lo stupro, come il più grave sintomo di una sindrome virale, non può essere sconfitto agendo solo su di esso, ma necessita di una “cura” alla base del problema: bisogna smettere di accettare la violenza, ad ogni livello essa venga perpretrata e di qualsiasi sembianza si travesta!

La violenza fa parte delle nostre vite, in modi talmente subdoli da mimetizzarsi tra le piccole consuetudini quotidiane.

Diventiamo violenti, anche solo verbalmente, come prima reazione ad un qualsiasi avvenimento ritenuto “ingiusto” o solo “sgradevole”.

Al semaforo, l’auto che ci precede ci mette 2 secondi in più a ripartire? Reagiamo con una violenta strobazata di clacson. In rete, qualcuno dice qualcosa con la quale non siamo d’accordo? Ecco che piovono insulti e minacce.

Spesso la violenza, che per sua natura non è ragionevole, scaturisce addirittura da sola, senza bisogno di “provocazioni”. La disinvoltura con cui saltiamo una fila o modo con cui prendiamo la parola, alzando il volume della voce.

SIGNORI e soprattutto SIGNORE, non vi scaldate, non sto per niente paragonando uno stupro ad una fila saltata, si tratta semplicemente di un’iperbole che mi servirà per argomentare il discorso.

OGNI GIORNO accettiamo piccoli, minuscoli, impercepibili episodi di violenza.

Vi invito a fare un piccolo esercizio mentale: pensate a un piccolo caso di violenza quotidiana al quale avete assistito, nel quale siete stati vittime o addirittura carnefici, nell’ultima settimana.

Sono certo che non sarà un singolo episodio a venirvi in mente, ma tanti… Probabilmente perfino senza bisogno di tornare indietro di una settimana.

Ora pensate alla vostra reazione, a quella delle persone attorno a voi, a quella delle persone alle quali avete raccontato l’accaduto: “che ci vuoi fare, è un mondo di merda, bisogna fare attenzione”… Sbaglio?

“Bisogna fare attenzione, non sai mai con chi hai a che fare”, vi è forse nuova questa frase?

No, non lo è… È l’embrione della più grave ed evoluta “se l’è cercata”!

Quella ragazza di 18 anni, secondo questo ragionamento, è colpevole della violenza almeno quanto chi l’ha stuprata, perché “non doveva andare a quella festa”, perché “non doveva assumere cocaina”, perché “poteva vestirsi meno provocante”.

Signori e Signore, ecco la violenza 2.0, lo “stupro di gruppo” del giudizio popolare, maturato in anni, decenni e secoli di fermentazione in botti di ignoranza: l’accettazione della violenza perché “poteva essere evitata”!

Certo! Poteva essere evitata, ma non dalla ragazza, bensì da tutti quelli che hanno contribuito alla formazione di chi l’ha violentata, dalla società in cui è cresciuto… Poteva essere evitata da tutti noi!

Avete mai fatto caso che uno stupratore difficilmente nega l’atto sessuale? Nella stragrande maggioranza dei casi lo ammette, ma adducendo tutta una serie di motivazioni: “ero ubriaco”, “era consensiente”, “mi ha provocato”… Perché lo fa? Perché non nega e basta?

Io penso perché sa bene che la scienza moderna riesce, senza difficoltà, a provare uno stupro, ma anche che le sue “motivazioni” sono percepite, in larga misura, come “giustificazioni”.

Ne è convinto, perché per tutta la sua vita ha assistito a piccoli e grandi episodi di violenza, giustificati con una qualsiasi scusa pronta in tavola.

A tutto questo possiamo aggiungere il senso di onnipotenza che arriva dal denaro e la percezione di probabile impunità per via di leggi inadeguate o inapplicate: ecco che lo stupro diviene, nella mente malata di qualche persona, un’ipotesi e prima o poi anche una realtà.

Dove voglio arrivare? Al “maschilismo”!

Ho sentito troppe persone, sia uomi che donne, sintetizzare con “maschilismo” sia il problema dello stupro, che quello della colpevolizzazione della vittima!

Io lo trovo riduttivo e di parecchio! Lo trovo un modo per lavarsene le mani!

“È un problema di maschilismo, io non sono maschilista, quindi non faccio parte del problema!”

Eh no! Ne fai parte eccome!

A parte il fatto che nono sono certo che tu non sia maschilista, uomo o donna che tu sia, ma perché cercare una motivazione “altra”?

“Il criminale era un violento maschilista”, perché agigungere quel “maschilista”? Forse perché non sei sicuro/a di poterti escludere dalle altre due categorie? Quanto è forte la tua convinzione di non essere una persona intimanente violenta o peggio criminale?

Mi sa tanto di quando in un incidente stradale specificano la nazionalità estera del pirata della strada: mi sa tanto di “a me non capita, perché sono italiano”.

Mi sa tanto di “non sono razzista, ma”… C’è quel “ma” che dice molto più di tutti i discorsi che seguono!

Questo atteggiamento è pericoloso, perché diventa sempre più impercettibile, man mano che la gravità (percepita) dell’evento si abbassa.

Facciamo il caso della giovane maestra d’asilo, altro caso tristemente noto di questi giorni, costretta (dalla preside) a dimettersi perché il suo ex ha diffuso immagini hot, che lei gli aveva inviato in intimità. Questa cosa ha un nome, si chiama Revenge Porn ed a tutti gli effetti è una violenza!

Lei si è fidata, ha subito un “danno” (concedetemi questa fredda riduzione, per comodità di discorso), poi una fetta della società ha deciso che lei avesse una parte di colpa e l’ha perfino emarginata!

Scusate? Solo io vedo delle similitudini con la parabola tipica di uno stupro?

Certo, la maestra non ha subito violenza fisica, non ha rischiato la vita, ma è proprio qui che voglio arrivare: troppe volte distinguiamo in violenze “minori” e “maggiori”, cercando una causa delle stesse, che oggi è il “maschilismo” e domani sarà qualcosa di diverso.

NO! La violenza è violenza, punto! È assoluta, come la Pace, perché ne è la nemesi!

Un altro esempino facile facile, ma più divisivo?

Un ragazzo, uomo, maschio, viene sfregiato dalla sua ex con dell’acido: per la legge italiana non ci sono aggravanti. QUELLA VIOLENZA è MENO GRAVE di altre, perché la vittima è un uomo.

Molti di quelli che fino ad ora stavano annuendo, lo so, adesso stanno storcendo il naso… Perché la legge “tutela l’individuo più debole”, percependo come più debole la donna…

HEY, quanto è maschilista questa convinzione?

Ecco che la donna diviene “vittima” e “femminuccia debole” da accudire, invece di persona autodeterminata da tutelare!

Quindi, per favore, smettiamola di dire che questi episodi sono frutto del maschilismo, perché non facciamo altro che spostare l’attenzione dal vero problema e quindi da una possibile soluzione: LA VIOLENZA!

La violenza causa gli stupri, la violenza causa il maschilismo!!! Il maschilismo è la scusa che spesso usiamo per assolverci, perché non lo siamo o facciamo finta di non esserlo!

Alberto Genovese, il fantasma formaggino o comunque chiunque abbia violentato quella ragazza non è un maschilista, ma un criminale!

RIPETIAMOLO INSIEME: È – UN – CRIMINALE!!!

“Maschilismo” è un atteggiamento e va contrastato ed educato, “crimine” è qualcosa che va punito!

Sì, viviamo in una società maschilista, è vero. Come un corpo influenzato ha la febbre: debelliamo il virus alla base e scompariranno tutti i sintomi.

Non so darvi risposte su come fare, ma c’è un suggerimento che, in questi giorni, mi ha colpito, una dei pochi contributi intelligenti che ho visto in rete:

“Non serve educare tua figlia a non provocare, ma educare tuo figlio a non stuprare!”

Questo vale a tutti i livelli, dalla violenza sessuale all’attesa al semaforo: EDUCARE!

Educare a non essere violenti, ad avere empatia, alla cura “dell’altro”… Educare ad avere umanità e c’è un solo modo di farlo: DARE L’ESEMPIO!

Dare l’esempio, però, è impegnativo. Richiede un cambiamento, prima di tutto i noi stessi…

Sarà forse per questo che cerchiamo sempre di etichettare le cose, catalogandole in sezioni sempre più piccole, in modo da non poter comprendere anche noi stessi?

Tu che leggi, forse non fai parte della micro-categoria degli stupratori, non di quella dei maschilisti, ma…

Sei sicuro/sicura di non far parte della macro-categoria dei violenti?

In quest’ultimo caso, fai attenzione: perché tu e lo stupratore siete nello stesso girone!


Foto di copertina di NEOSiAM 2020 da Pexels

8 pensieri su “Alberto Genovese è figlio della nostra società: siamo tutti colpevoli! ANCHE TU!

  1. Un tema difficilissimo e doloroso, ma concordo su una cosa che raramente si riesce ad ammettere: la violenza è violenza, con tutte le conseguenze del caso. Ogni risposta è lì, dagli insulti in rete alle violenze quotidiane, comprese tutte quelle volte in cui è stato più facile voltarsi dall’altra parte.

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  2. Condivido pienamente. Purtroppo in giro vedo tanta superficialità, soprattutto nella mia generazione. Quando succedono episodi del genere le persone cercano subito di tirarsene fuori con frasi del tipo “ma non sono maschilista”, “ma non sono omofobo”, “non sono razzista” ecc. Questi vicende orribili vengono percepite sempre di più come qualcosa di lontano da noi, e non ci facciamo scrupoli a metterci su un piano superiore a quelle persone, prendendone le distanze. Ma evidentemente se Genovese si è sentito legittimato a commettere una violenza del genere è perchè qualcosa a livello sociale non funziona. Siamo tutti essere umani, siamo tutti interconnessi e facciamo parte della medesima società. Quando succedono episodi del genere la prima cosa da fare (oltre a provare disgusto) sarebbe pensare “nel mio piccolo mi sono mai trovato di fronte a episodi di violenza? cosa ho fatto per contrastarli? “. Dovremmo farci tutti un esame di coscienza. Sono sicura che se ognuno nel suo piccolo si comportasse in modo civile, le persone si vergognerebbero a commettere questo schifo. Come hai detto tu, è importante educare al rispetto, alla giustizia, all’umanità.
    Quando per esempio un genitore vede che la figlia risponde male, si comporta in modo meschino ecc. invece di limitarsi a dire “va beh tanto è una ragazzina” forse sarebbe il caso di intervenire, perchè se ogni volta si lascia correre poi non stupiamoci se le persone vengono su con la testa bacata. Chiusa questa piccola parantesi, penso davvero che ogni giorno tutti dovremmo impegnarci a essere un po’ più umani.

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    1. Ti racconto la mia esperienza. Io non sono pacifista, ma per “educazione” sono pacifico.
      Ho perso mio padre da bambino, ma conservo moltissimi ricordi.
      Uno di questi è legato alle punizioni.
      Negli anni ’80 uno scappellotto non faceva scalpore come oggi, io ricordo lui me ne abbiandati pochissimi, forse 3 o 4 al massimo, in tutta la sua vita.
      Di uno in particolare ho il ricordo che fosse “ingiusto”: lui venne da me e mi chiese scusa, spiegandomi anche il perché lo stesse facendo e come avrebbe potuto reagire come alternativa.
      Non solo mi ha insegnato che la violenza non è mai l’unica strada, ma anche a chiedere “scusa” quando serve, a riconoscere i miei errori.
      Non sempre ci riesco, ma almeno ci provo costantemente.
      Una volta una persona saggia mi disse che se vuoi che tuo figlio legga un libro, non devi costringerlo a farlo, ma leggerlo tu stesso e poi lasciarlo a sua disposizione: lui lo leggerà per emulazione.

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      1. Grazie per aver condiviso questo ricordo, è molto bello. Una cosa che mi ha sempre detto mio padre è: “non mi importa che scelte di vita farai, se andrai male a scuola, cosa sceglierai di essere ma ti chiedo di rimanere sempre una persona educata”.

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    1. Siamo quindi d’accordo! Infatti l’articolo comincia con “Alberto Genovese non è un “maschilista”, è un criminale! PUNTO!” e continua proprio ribadendo che questo punto era bene chiarirlo subito.
      Nell’articolo, poi, si precisa proprio che soldi e droga gli avevano dato una sensazione malefica di onnipotenza.
      Quindi, chiarito che su questi due punti, da te elencati, siamo d’accordo, in quanto specificato nell’articolo più volte, non capisco su cosa non sei d’accordo.
      Non sei d’accordo sul fatto che viviamo in una società violenta, di base? Non sei d’accordo sul fatto che l’unico modo per combattere questa violenza è educare la popolazione, fin da bambini?
      Oppure, cosa più probabile, non sei d’accordo sul fatto che un articolo debba essere letto tutto e con attenzione, prima di ribadire, dichiarandosi in disaccordo, esattamente quello che c’è scritto?

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