Come colla sulle dita,
il dolore s’attacca e radica,
fino a sembrare irremovibile.
Resta lì, resistente e cocciuto,
arrampicato sulle impronte,
che gli si prostrano, mute.
Il nobile, dalle mani morbide,
tenterà di rimuoverlo,
sfregando i polpastrelli,
con varie spugne ruvide,
abbondando col sapone,
acqua bollente e solventi,
fallendo ogni tentativo,
lacerandosi l’epidermide.
L’artigiano, dalle mani esperte,
sciacquerà i residui,
consumerà la sua cena,
berrà il suo vino,
dormirà nel suo letto.
L’artigiano attende il mattino,
memore dei risvegli in cui,
guardandosi le mani,
la colla era già un po’ sparita

Molto bella!
E mi trovi d’accordo: sono dell’idea che il dolore serva.
Non va per forza combattuto, cancellato e rimosso subito. Il dolore, un po’ di dolore, aiuta a vivere. Un po’ di dolore, poi, aiuta a stare meglio.
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Si, ne sono testimone
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