Non guardare il relitto, ma alla sua storia.
Non studiare la ruggine, che divora,
ingorda e spietata, le lamiere spiaggiate;
grattala via, con le spatole del pensiero,
fino a riscoprire la vecchia vernice smaltata,
le cromature che brillavano ai raggi del sole.
Dove oggi le travi si inarcano spezzandosi,
un tempo le persone passeggiavano felici,
spensierate, sospese nel tempo e nello spazio.
Oggi ascolti il mio silenzio spezzato,
interrotto solo dal vento, dalle onde,
dal un cigolio di una lamiera ribelle;
ieri, però, le mie sirene straziavano il cielo;
nelle sale da ballo c’era Musica e vociare;
i motori, sotto il livello del mare, ruggivano,
fieri ed inarrestabili come tempeste.
Oggi, qui, tu vedi un relitto cadente,
ma rattoppa i buchi nello scafo,
dai olio alle macchine, pialla i ponti,
rimettimi in acqua e solcherò le onde,
ancora una volta, domani, come ieri.
Non chiamarmi relitto, chiamami “Sfida”.