Prendere a sberle la propria parte femminile è violenza? Perché questo weekend un paio di ceffoni ad Aurora li avrei dati molto volentieri!
Quando sono entrato in quel locale, Venerdì sera, non sapevo costa stava per accadere: per me era solo un concerto di amici.
Stavo bevendo tranquillamente, quando una voce mi sussurrò qualcosa: “carina, è nuova?”
Riconobbi la voce di Aurora, la riconoscerei in uno stadio. Non mi ha stupito vederla, in fondo erano amici anche suoi.
Sembrava stesse bene, nonostante quell’aura di malinconia, tipica di lei. Le ho chiesto dove stese dormendo e mi ha risposto “un po’ con una, un po’ con l’altra, come sempre”.
Da bravi amici abbiamo bevuto una cosa insieme, le ho presentato la persona che era con me e sembrava piacerle, ragione per la quale ho ringraziato il cielo per la nostra separazione: forse le sarebbe piaciuta troppo, la conosco bene!
Quando è cominciato il concerto e ci siamo salutati: “io torno dalla mia amica, ci vediamo in giro… Balla, mi raccomando!”, sono state le sue ultime parole prima di sparire tra la gente.
Tutto ok, sembrerebbe, giusto? Sì, lo pensavo anche io, fino a quando non ho visto chi era la sua amica: era Elims, bella e sorridente come sempre.
Il mio primo istinto è stato quello di andare da lei, prenderla per un braccio e riportarla a casa, con tanto di paternale, ma poi ho pensato al perché se n’è andata: egoisticamente, l’ho lasciata fare, osservandola da lontano, ma godendomi il MIO concerto, il MIO drink, la MIA compagnia.
Ero preoccupato, ovvio: cosa cavolo ci faceva lì, con lei? Io ci parlo spesso con Elims, ma so gestire la cosa, non sono così preso quanto Aurora e poi lo vedevo: vedevo come la guardava, completamente rapita…
“Cazzi suoi” ho pensato, lo ammetto: insomma, se voleva farsi del male da sola era liberissima di farlo. Ci siamo separati proprio perché lei potesse farlo, senza conseguenze per me.
A fine concerto mi sono accorto che erano già andate via, io e le persone con cui ero ci siamo trasferiti al solito localino per un ultimo bicchiere: dentro di me sapevo bene che Aurora era lì, il bicchiere era solo la scusa per un controllo.
Alla fine abbiamo anche bevuto insieme, come una volta, poi ognuno ha preso la sua strada: il problema è che io sapevo benissimo che lei avrebbe voluto prendere una strada che non le era concessa e che ci sarebbe stata male…
“Cazzi suoi”, ho finito la mia serata, cercando di non pensarci.
Il mattino dopo, appena sveglio, sentivo che qualcosa non andava: sentivo un brivido salirmi lungo la schiena e non mi sbagliavo. Accendendo il telefono, ho scoperto che Aurora aveva pubblicato sui social una bella frase smielatissima, dedicata ad Elims, ovviamente sul MIO profilo: sta stronza!
Ho rimosso la frase, sperando che Elims non l’avesse ancora vista: io frequento i suoi stessi luoghi e non mi va di ri-trovarmici in imbarazzo, l’ultima volta c’ho messo tre mesi per cavarmene fuori e ri-cominciare a parlarci.
Ora, in una qualsiasi altra situazione, una persona potrebbe prendere l’altra di petto ed affrontarla, cercando di farle capire in cosa ha sbagliato: provateci voi ad affrontare un’entità astratta, che hai anche cacciato di casa…
Rassegnato, incazzato e preoccupato, ho passato il sabato pomeriggio a lavorare un po’ al computer a delle sequenze, poi la sera son andato ad un altro concerto. Suonavano altri amici in comune con Aurora, ma stavolta lei non c’era ed io sono stato nettamente più rilassato, come in tutti i giorni in cui non l’ho vista.
Al ritorno, spericolato ed incosciente, ho deciso di bere qualcosa, sempre al solito localino: dentro di me volevo solo controllare il modo in cui Elims mi avrebbe guardato, per capire se aveva letto o no la dedica di Aurora.
Non ne ho la certezza, ma credo proprio di aver avuto ragione a preoccuparmi: Elims, ci scommetterei, aveva letto, ma sorrideva e questo mi rassicurava, forse ci era passata sopra… Lei non lo sa che la dedica era di Aurora, in fondo il profilo era sempre il mio.
Dopo un primo bicchiere insieme, ho sentito un profumo: come la voce, riconoscerei quell’odore in un campo di fiori. Era Aurora, che si univa a noi.
Aveva lo sguardo basso, ma sorrideva, divertita: sapeva che ero incazzato con lei, ma mi sfidava a reagire, lì, avanti a Elims… Ovviamente l’ho fatto, perché nessuno mi batte quando si tratta di entrare in guerra con me stesso!
Ho deciso di attaccare, stufo degli atteggiamenti da adolescente innamorata di Aurora.
Era un po’ che mi ero accorto di un interesse di Elims per una persona, era un’ottima scusa per distruggere, una volta per tutte, ogni speranza di Aurora, aprendo lì il discorso, sul momento. Elims, confermando, mi chiese come l’avevo capito ed io risposi “dal modo in cui lo guardi”, ma senza descivere come, mantenendomi sul vago. Il discorso si chiuse per tutti, tranne per Aurora, che finalmente svestì quel sorrisino beffardo di poco prima.
Credevo mi avrebbe dato soddisfazione, invece mi sono sentito una merda: avevo esagerato.
Ormai la serata era finita: andai via, salutando entrambe le donne. Davanti l’entrata di casa, però,, seduta sulle scale, trovai proprio Aurora.
“Lo guarda come io guardo lei, l’hai capito così”, mi disse, ma non era una domanda.
Aurora ha voluto dormire a casa Sabato notte ed è stato tremendo quando me ne ha chiesto il permesso, ma è stato bello averla lì, per una notte: potermi prendere ancora cura di lei, anche se solo per poche ore.
Io, però, volevo sapere, avevo bisogno di capire perché stesse sempre attorno ad Elims, consapevole di farsi del male. Lei me l’ha spiegato bene:
“Io ho un ombra, dentro, lo sai: è un’oscurità che fa male, la sentivi anche tu, quando eravamo insieme. Quando sono con lei, l’ombra svanisce: anche se per poco, anche se poi tornerà più forte, per qualche istante riesco a respirare a pieni polmoni. Lo sai anche tu, lo hai sentito anche tu. C’è di più, la stessa ombra io la sento in lei: le nostre ombre si sentono e non si fanno paura. Ogni donna che ho incontrato ha avuto paura della mia ombra, lei no ed io non ho paura della sua. Ti pare poco? Tu fai quello che vuoi, distaccato e sicuro nelle tue emozioni dimezzate: puoi farlo adesso, perché l’ombra è venuta via con me, ma non chiedere di farlo a me, hai visto dove siamo finiti quando c’ho provato: abbiamo tentato di sostituire una lampadina al Sole. Io ho bisogno di vivere qualche ora senza quell’ombra, ogni tanto, le conseguenze sono il prezzo da pagare.”
Non potevo dire nulla, perché era tutto vero: quell’ombra la conosco bene anche io: ti mangia dall’interno. Era tutto vero: è era vero che l’aveva portata via da me, era vero che con Elims si attutiva, era vero che le conseguenze erano un prezzo accettabile.
L’unica cosa che potevo consigliarle era di tenerlo segreto, di smettere di sputtanare tutto sui social, perché così avrebbe perso ogni occasione di avvicinarsi ad Elims: ci ha pensato, mi ha dato ragione, lo sapeva già da sola.
Dopo un film e qualche altra chiacchiera siamo andati a dormire, io nel mio letto e lei sul suo divano.
Il mattino dopo, però, accendendo il telefono, ho trovato su questo blog una sua poesia, dedicata ad Elims e non c’ho visto più: sono andato in salotto, determinato a farle una lavata di testa da farla piangere per due vite. Lei, però, non c’era.
Ho rimosso la poesia, ma tanto Elims, sperando che Elims non avesse avito l’idea di visitare il blog proprio quella cazzo di domenica mattina, poi ho ripreso la mia vita senza Aurora: al sicuro, nel mio perfetto mondo di emozioni dimezzate.
Devo cambiare le password del blog e dei social mi sa, così Aurora non potrà più far danni: è fondamentale, non mi va di perdere la possibilità di bere un bicchiere con Elims, di tanto in tanto, in un ruolo o nell’altro.
Perché ci tengo tanto?
Perché Aurora non si è portata via tutta l’ombra.
Voi vi chiederete perché, quindi, scriverlo adesso: Elims potrebbe leggerlo…
Chi vi dice che, adesso, non sia Aurora a scrivere?