Oggi è il 22 maggio, ho scoperto che in questo giorno, nel 1906, i fratelli Wright ottennero il brevetto per il loro aeroplano, circa 3 anni dopo il primo volo del loro Flyer.
Oggi, però, non mi interessa il brevetto, quanto il volo: torniamo, quindi, tre anni indietro, rispetto a quel 22 maggio, arrivando fino al 17 dicembre 1903, il giorno in cui l’essere umano realizzò il suo sogno di volare, anzi…
Torniamo a 2000 anni fa, al mito di Icaro, così come raccontato da Ovidio: questo ragazzo che realizza il sogno di volare e si avvicina troppo al sole, sprecandolo.
Torniamo a Leonardo Da Vinci ed alla sua “Macchina che si fa vite nell’aria”, che secoli dopo abbiamo chiamato elicottero.
Torniamo alle prime mongolfiere, torniamo a tutti i prototipi falliti, alla gente che s’è uccisa, nel tentativo di permettere all’uomo di volare, come gli uccelli, decidendo la direzione, l’altezza, dove e quando atterrare: liberi.
Solo dopo aver passato in rassegna tutte le volte che gli esseri umani hanno fallito nei loro tentativi di imitare gli uccelli, torniamo a quel giorno di inizio secolo, in una cittadina costiera del North Carolina, insieme a due fratelli che, per mestiere “vero”, riparavano biciclette: torniamo a quel giorno ed assistiamo al miracolo!
Quello strano “coso” di metallo, legno e stoffa si alza a 9 metri di altezza, percorre 36 metri in 12 secondi e poi si riadagia in terra.
Cosa è appena successo? Qualcuno se lo chiede, se lo chiedono perfino i due fratelli Wright, nonostante ci abbiano lavorato per anni, nonostante fossero stati sempre fiduciosi, adesso, per un attimo, non ci credono.
Non ci credono ancora perché, in realtà, avevano fallito tante altre volte; non ci credono perché i loro concorrenti più agguerriti e ricchi hanno fallito; Non ci credono perché, per un istante, anche loro tornano ad Icaro e ripercorrono tutta la storia di quel sogno e si chiedono: “possibile, ci siamo riusciti proprio noi?”
Invece è così: IL sogno lungo tutta l’evoluzione umana si è realizzato in una decina di anni di lavoro e a quei due giovani uomini sono bastati solo 12 secondi per capirlo.
Cosa ne abbiamo fatto, oggi, di quel sogno? Siamo andati sulla Luna (anche se qualcuno lo nega), ma abbiamo anche lanciato bombe nucleari.
Con quel sogno siamo stati sia Leonardo, che Icaro: lo abbiamo accarezzato, ma lo abbiamo anche distrutto: credete che ai due fratelli importerebbe qualcosa?
Loro non si chiedevano cosa sarebbe stato di quel sogno, loro lo hanno solo vissuto e visto realizzarsi, metro dopo metro, su una distanza che normalmente sembrerebbe ridicola: 36 metri.
Questi numeri sono importanti, perché noi non dobbiamo dimenticare cosa c’è dietro di essi: ci sono decine di prototipi, ci sono i risparmi di una vita, ci sono storie d’amore saltate, notti insonni, gli insulti della gente che ti crede matto.
Dietro quei 12 secondi non c’è un sogno, ma la liberazione da un incubo!
Sì, perché quando hai un sogno e ne sei ossessionato, senza mai riuscire a realizzarlo, può diventare un vero guaio: “un’ombra dentro” direbbe qualcuno.
Voi credete che i due fratelli, quando hanno visto il loro Flyer volare, abbiano sminuito il loro sogno, solo perché si era realizzato in appena 12 secondi?
Ecco perché io mi incazzo, quando sento gente parlare di “tempistiche” nelle faccende umane: a noi le tempistiche non sono concesse, rendiamocene conto!
Il tempo si beffa di noi già quando nasciamo, condannandoci ad una vita che sappiamo, prima o poi, finirà.
Cosa possiamo fare? Inseguire un sogno, se abbiamo la fortuna di averlo e soprattutto riconoscerlo quando si realizza: potrebbe avvenire tutto in una sola sera ed è in quel momento che dovremo essere pronti!
Eppure… Non basta essere pronti, oppure volerlo, le variabili sono tante, pensateci:
se quel 17 marzo 1906 ci fosse stato meno vento o più? Se avesse piovuto? Se un qualsiasi dettaglio fosse andato storto quel sogno non si sarebbe realizzato.
Purtroppo è quello che è successo quella sera di ormai un’era fa, un tempo così vicino e così lontano: il vento, la pioggia, oppure semplicemente un sassolino sotto lo scivolo durante il decollo: la realtà è che il decollo non c’è stato, anche se io ero pronto e mi erano bastati 12 secondi a capirlo.
Cosa successe davvero? Ho passato molte notti a chiedermi quale dettaglio fosse andato storto, sembrava che tutto fosse perfetto, ma alla fine ho dovuto accettarlo, anche se a malavoglia: era il mio sogno non il suo… C’est la vie, giusto?
Beh, non proprio! Perché se i due fratelli avessero rinunciato, dopo il primo aliante schiantato al suolo, non avrebbero mai montato un motore a scoppio su uno stendipanni con le ali, facendolo volare.
Forse, a volte non è tanto realizzare il sogno ad essere importante, ma provarci, accettandolo anche quando diventa incubo.
Forse, a volte, è solo il giorno sbagliato, oppure la spiaggia sbagliata.
Forse, a volte, quello che ci serve è riuscire a sognare appena ancora un po’, perché (forse) tra un paio di giorni (o di anni) tutto potrebbe cambiare, così dal nulla, in 12 secondi.
Aspetto i miei 12 secondi…
Bell’articolo. Complimenti.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Graie Mauro, davvero
"Mi piace"Piace a 1 persona