Come si fa la Pace?

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In questi giorni, si parla tanto di “Pace”, ma… Come si fa “LA” Pace?

Me lo sono sempre chiesto, da bambino pensavo che, in fondo, fosse facile o almeno più facile che fare la guerra.

Pensandoci, era un ragionamento logico, almeno per la visione di un bambino: per fare la guerra ci vuole organizzazione, ci vogliono soldi, armi, uomini, vettovaglie, mezzi.

Per fare la Pace, invece, bastava restare fermi e limitarsi a non fare la guerra… Io la vedevo così.

Crescendo, ovviamente, mi sono reso conto che non è così semplice.

Per fare la Pace, bisogna mettere d’accordo schieramenti opposti, spesso accomunati dal solo reciproco sentimento di odio e questo non è affatto facile.

Il vero dramma è che, troppo spesso, la guerra è la via più facile e viene percorsa fino al punto di diventare l’unica via percorribile.

Almeno, questo è quello che ci raccontiamo e che ci raccontano da sempre.

Un secolo fa, l’umanità ha assistito a due conflitti mondiali quasi consecutivi.

Il primo, la Grande Guerra, storicamente, poteva essere evitato fino all’ultimo, ma si scelse di non farlo, perché la macchina del conflitto era già stata messa in modo da troppi governi.

Il secondo, scoppiò perché troppi governi scelsero di rincorrere una pace utopica, cercando, fino all’ultimo, di tenere a bada “il nemico” tedesco.

Ripeto, questo è, almeno, quello che ci raccontiamo e che ci raccontano da sempre.

Eppure, qualcosa non torna… Come è possibile che, poche decine di persone, spesso anziane, possano convincere centinaia di migliaia di giovani a muoversi in guerra, per uccidere o restare uccisi?

La mia convinzione è perché LA Pace non interessa a molti, non quanto UNA pace… Una qualsiasi, poco importa quale ne sia il costo.

Se LA Pace interessasse davvero, quei vecchi, dietro le loro scrivanie, non avrebbero alcun potere su quei giovani.

Il potere lo hanno perché siamo noi, come genere umano, a darglielo, nel nome della nostra necessità di trovare un nemico, da accusare dei nostri problemi.

Ecco che, quindi, diventa facile, per uno di quei vecchi, convincere il proprio popolo che la colpa dei suoi problemi è di un altro popolo e che sia giusto attaccarlo: sarà il popolo a convincere, poi, quei giovani a muoversi, perché quei giovani sono parte del popolo.

Dietro tutto questo, c’è il tentativo del vecchio burattinaio di nascondere le proprie responsabilità, ma anche quello del popolo di non accettare le proprie.

A tutto questo, aggiungiamo che la guerra muove molti più interessi della pace, perché la pace non muove danari.

La guerra è un interesse economico prima di farla, mentre la si fa e anche quando finisce, perché dopo ogni guerra arriva UNA pace, con relativa ricostruzione.

Arriviamo a oggi!

Il mondo è sull’orlo di un terzo conflitto mondiale, ma come è stato possibile?

Esattamente come quelli del secolo scorso e come quelli di ogni altra epoca, la guerra è la risposta facile alla nostra richiesta d’assoluzione e al nostro innato bisogno d’odio.

Sì, perché noi odiamo, è l’unico stile di vita che ci hanno insegnato.

Odiamo il diverso, perché è più facile che conoscerlo. Siamo disposti a lasciarlo morire in mare, pur di non rischiare che ci rubi il nostro pezzo d’illusione, figuriamoci se non siamo disposti a ucciderlo con le nostre mani.

Odiamo l’immigrato, perché qualcuno ci dice che è un pericolo. Odiamo l’omosessuale, perché qualcuno ci dice che è un abominio contro Dio e la natura. Odiamo l’esponente della parte politica avversa, perché qualcuno ci dice che “loro sono i cattivi”. Odiamo il tifoso della squadra avversaria, senza neanche bisogno che qualcuno ci dica perché, ma solo per il fatto che ormai siamo abituati a odiare.

Non ci fermiamo mai, davvero, a riflettere se sia vero quello che ci dicono. Se lo facessimo ci renderemmo conto, per seempio, che è il mondo a essere pericoloso e che chi ci dice di odiare l’immigrato è la stessa persona che dovrebbe rendere il mondo più sicuro, ma anche che è incapace di farlo e cerca, quindi, un caprio espitatorio. Ci renderemmo conto, immediatamente, che il mondo è reso pericoloso dal nostro stesso odio, dalla brama di avere un tozzo di pane in più, anche se non ci serve davvero e anche se il prezzo è toglierlo a qualcun altro.

Ci renderemmo conto che non è Dio a parlarci, ma solo un qualcuno che dice di parlare in suo nome.

Ci renderemmo conto che l’ideologia politica, alla quale abbiamo giurato fedeltà, è vecchia di cento anni o anche più.

Insomma, LA Pace, intesa come qualcosa di stabile e definitivo, può essere fatta solo se accettiamo il fatto che esiste “l’altro” e che questo pianeta è anche suo, che nulla ci è dovuto più che al nostro vicino e che gli unici in gradi di farla siamo noi, ogni giorno, in ogni istante, con ogni nostra azione.

Una volta che il meccanismo dell’odio è stato avviato, invece, prima o poi porterà a una guerra e non sarà possibile tornare indietro.

La guerra in Ucraina era possibile da evitare? Certo, ma era interesse di troppi governi che cominciasse. Noi, cedendo alle lusinghe delle loro promesse di riscatto, abbiamo creduto nell’esistenza di un nemico.

Voi credete davvero che, autonomamente, un operaio russo avrebbe sviluppato odio verso un dentista ucraino? Quell’odio gli è stato inculcato e la sua unica colpa è di averlo permesso, come il dentista ucraino ha la colpa di aver permesso che il nemico è l’operaio e non chi l’ha armato.

SIAMO NOI A SCEGLIERE DI ESSERE UN NEMICO, NEL MOMENTO IN CUI NE SCEGLIAMO UNO!

Quella guerra l’abbiamo iniziata noi, come ogni altra, ma a questo punto, come si fa a fermarla? Diciamo agli ucraini di rinunciare alla propria terra e alla propria libertà? Non è possibile… Ecco che siamo costretti a fare il gioco di chi, in quella guerra, aveva interesse.

La situazione tra Israele e Palestina non è tanto diversa: ci sono due popoli e due governi che li convincono di essere nemici e che sia giusto uccidersi a vicenda, per la conquista di un territorio, nel quale una dottrina artificiale insegna l’impossibilità della convivenza.

E poi… Il sangue chiama sangue, che chiama altro sangue…

Non si sfugge: la guerra è un meccanismo complesso, che si alimenta delle nostre paure e che, una volta iniziata, non finisce mai con LA Pace, ma sempre con UNA pace: una qualsiasi, una momentanea, fino alla prossima guerra.

LA PACE non seguirà MAI una guerra, ma, quando arriverà, precederà tutte quelle che non avverranno mai più, perché LA Pace può essere solo preventiva.

Non possiamo lavorare alla pace delle guerre in corso, non a una che sia definitiva, ma possiamo lavorare a quella di tutte le altre future.

A questo punto, è solo nostra, sta a noi decidere se dare o togliere potere ai signori della guerra. Se scegliamo LA Pace, però, il prezzo sarà la rinuncia a tutte le nostre ideologie di parte e l’accettazione di non essere i portatori unici di verità e giustizia.

In fondo, quel bambino, che ero tanti tanti anni fa, aveva ragione! In fondo, non è poi così difficile fare LA Pace…

In fondo basta limitarsi a non credere alle parole di chi ci chiede d’odiare.

Per fare LA Pace, in parole povere, basterebbe ascoltare il bambino che eravamo e non l’adulto che ci hanno insegnato a essere.

Foto di cottonbro studio: https://www.pexels.com/it-it/foto/corda-concettuale-sfondo-blu-tirando-7678454/

Un pensiero su “Come si fa la Pace?

  1. Citando il poeta Paul Valéry: “La guerra è il massacro di persone che non si conoscono, per conto di persone che si conoscono ma non si massacrano”. Come hai fatto notare tu, la Pace penso sia possibile nel momento in cui noi tutti iniziamo a rifiutare nazionalismi e razzismo che ci vengono sbandierati dall’alto, al fine di farci fare gli interessi altrui. Penso che tutti nel profondo ne siamo consapevoli, e lo provano i milioni di disertori nella guerra d’Ucraina, che preferiscono rimanere in prigione a vita, piuttosto che sparare a un altro uomo. Meglio però iniziare a riconoscerci come pari, e imparare a fare la Pace prima di arrivare alla guerra.

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