Non è razzismo, è disonestà!

[Tempo di lettura stimato: 6 min.]

È vero che “in Italia non c’è un problema di razzismo”, infatti c’è un problema di disonestà intellettuale!

Le opinioni di una larga parte della popolazione, su un determinato avvenimento, cambiano a seconda di chi sei, cosa fai e soprattutto, spesso, di che colore hai la pelle.

L’ho sempre pensato, ne ho sempre trovato prove nelle cronache, ma negli ultimi giorni c’è stato un singolo avvenimento che è stato più lampante degli altri.

Mi riferisco al fattaccio, penso ormai noto a tutti, dei disabili costretti a scendere da un treno, perché un gruppo di turisti aveva occupato i loro posti (prenotati).

Per chi non ne fosse a conoscenza, faccio un rapidissimo riassunto.

Treno Albenga-Milano, 19 Aprile 2022: all’altezza di Genova, un gruppo di 27 disabili (più 3 accompagnatori) ha trovato i propri posti, prenotati in anticipo, occupati da altri viaggiatori, muniti di regolare biglietto, ma senza prenotazione. Il personale delle ferrovie ha invitato più volte gli occupanti senza prenotazione a lasciare libere le sedute e continuare il viaggio in piedi, ma questi si sono rifiutati ripetutamente, sostenendo di essere in possesso di regolare biglietto. Gli occupanti erano saliti su quel treno, perché quello prima era stato soppresso a causa di atti vandalici. Il loro biglietto era valido, ma non assicurava poso a sedere, che era invece riservato a chi l’aveva prenotato. Alla fine i 27 disabili sono stati fatti scendere dal treno e accompagnati a destinazione in autobus.

La notizia è rimbalzata su giornali, web, radio e tv, quasi sempre con il solito titolone clickbait e pochissimo approfondimento sulla vicenda.

Alle persone è arrivato il messaggio “Disabili costretti a scendere dal treno, perché qualcuno aveva occupato i loro posti abusivamente”.

A questo punto, la quasi totalità delle reazioni, a cui ho avuto il dispiacere di assistere, è stata “vabbeh, di sicuro erano tutti stranieri”.

In qualche caso non c’è stata neanche l’accortezza d’ipotizzarlo, ma è stato dato addirittura come notizia certa: “ti faccio notare che erano tutti stranieri”.

Ovviamente, il tutto è stato accompagnato da manifestazioni di sdegno, di solidarietà coi disabili e di condanna netta degli occupanti abusivi, etichettati come criminali, da mettere alla gogna, punire severamente e cacciare immediatamente dal paese.

Sì, via subito dal paese, questi maledetti stranieri che rubano i posti riservati ai nostri disabili, maledetti!

Il problema, accidenti accidentaccio, sta nel fatto che gli occupanti erano, in realtà, tutti italiani e la magia è avvenuta ogni volta che l’ho fatto notare ai miei interlocutori, che a quel punto hanno immediatamente cambiato atteggiamento!

La condanna netta, in uno strabiliante gioco di prestigio, si è tramutata in giustificazione. La solidarietà, grazie a una complicata alchimia, è diventata sufficienza.

La colpa si è di colpo spostata dagli occupanti abusivi, non più stranieri, ma italiani, alla disorganizzazione delle ferrovie dello stato, che avrebbero dovuto impedire l’accesso ai posti.

Un minuto prima tutti esclamavano “bisogna punirli severamente”, un minuto dopo giustificavano “bisogna capire che avevano comunque un biglietto valido”.

Lo stesso identico comportamento che faceva dello straniero un criminale, ora faceva dell’italiano un semplice maleducato.

In un caso, la trasformazione ha avuto del miracoloso, riuscendo a fare piroette inimmaginabili!

La persona, che commentava l’accaduto, non solo dava per notizia accertata che gli occupanti abusivi fossero stranieri, ma poi si lamentava del fatto che se fosse successo “qui da noi”, cioè al meridione, ci avrebbero tutti dato addosso, accusandoci di ogni nefandezza possibile.

La mia reazione è stata a metà strada tra l’incredulità e l’ammirazione incondizionata: si stava lamentando di una discriminazione eventuale, nel medesimo istante in cui ne stava facendo una concreta! Non c’è del fantasy in tutto ciò?

No, questo non è semplice razzismo, è disonestà intellettuale!

L’onestà intellettuale, infatti, imporrebbe che le proprie idee non cambino a seconda del contesto: se si giudica qualcosa come riprovevole, lo si fa sempre, a prescindere da chi sia il soggetto del giudizio.

Tutto questo, spesso, in Italia, non accade!

Lo vediamo quotidianamente, nei piccoli e grandi gesti che, messi l’uno dopo l’altro, formano le nostre vite.

Lo vediamo anche e soprattutto in maniera autoreferenziale!

La persona intellettualmente disonesta, infatti, s’incazza a morte con chi gli ruba un posto in fila, con chi gli parcheggia l’auto avanti al portone di casa o altri esempi del genere.

La persona intellettualmente disonesta pretende che tutti siano ligi alle regole e irreprensibili, nei suoi confronti, anche se poi è la prima a non esserlo!

La persona intellettualmente disonesta è esattamente quella che salta la fila, che parcheggia alla cazzo di cane e che trova sempre una giustificazione per se stessa, sugli stessi comportamenti per i quali non accetta ragioni da altri.

“Sì, vabbeh, parcheggio qui in doppia fila, tanto è solo per un minuto”, non è più una giustificazione, ma uno stile di vita!

Ovviamente, in quel minuto, poi, va a fare la spesa, prende il caffè con gli amici, porta a cagare il cane, improvvisa un tango con un passante a caso, segue una lezione di yoga e solo dopo mezz’ora di clacson si accorge che sta bloccando un auto che vorrebbe uscire dal parcheggio.

Alla fine, s’incazza pure: “c’è bisogno di fare tutto sto casino? Era solo un minuto!”

Certo, se quel minuto l’avessero rubato a lei, sarebbe di colpo diventato quello più prezioso di tutta la storia dell’umanità, perché lei in quel periodo di tempo avrebbe dovuto fare cose importantissime, come risolvere la questione balcanica o robe del genere!

Negli ultimi giorni, come ho già avuto modo di evidenziare, questo meccanismo ha trovato un ambito d’applicazione ideale nella guerra in Ucraina.

Le stesse persone che, fino a due mesi fa, giudicavano gli Ucraini una massa di ubriaconi sempre pronti a fare a botte, all’improvviso si sono vestiti degli abiti dei buoni samaritani, pronti a tutto pur di dare il loro aiuto.

Certo, nella maggior parte dei casi il “pronti a tutto” si è limitato a significare l’invio di vecchi vestiti, che comunque sarebbero stati una scocciatura da smaltire o al massimo qualche pacco di pasta, comprata in offerta al discount.

NDA: nella quasi totalità dell’Ucraina, in questo momento, non c’è acqua, quindi non possono cuocerla quella pasta!

Non voglio, però, lamentarmi di qualcosa che è comunque positiva e quindi ringrazio per questo slancio di solidarietà e vado avanti.

Del resto è solo una cosa buona che, all’improvviso, gli italiani si siano resi conto dell’importanza di aiutare popolazioni più sfortunate, magari in fuga dalla guerra e da atrocità che noi neanche possiamo immaginare.

Qui, però, avviene il cortocircuito, perché le stesse persone che un attimo prima erano pronte ad aprire le porte di casa ai profughi ucraini, un attimo dopo si dichiarano favorevoli ad affondare i barconi provenienti dall’Africa.

Caro profugo africano, rassegnati, per entrare nel cuore degli italiani devi procurarti un certo appeal mediatico, altrimenti puoi pure affogare!

Non avercela con noi, qui funziona così, siamo un paese in costante mutamento: no nsiamo razzisti, siamo “briosi” e lo siamo da tantissimo tempo!

L’Italia è quel paese che si batte per tenere al muro l’effige di un palestinese crocifisso, ma se ne sbatte dei palestinesi che stanno crocifiggendo in questo preciso istante!


Photo de Brett Sayles provenant de Pexels


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