Mi stupisco ancora del fatto che mi stupisca ancora la grande incapacità degli esseri umani di imparare dai propri errori.
Ormai dovrei esserci abituato!
Succede di continuo e in qualsiasi campo, a qualsiasi livello, dal grande al piccolo, dal generale al particolare, dalle questioni di stato ai rapporti interpersonali: NOI NON IMPARIAMO!
Ci ho pensato molto, negli ultimi giorni, spinto proprio dalla necessità di non commettere sempre gli stessi errori, rendendomi conto di quanto sia difficile e soprattutto comune.
Che tu sia un individuo o un popolo, sei abituato a comportarti come un adolescente alle prime esperienze erotiche: improvvisi male!
Di fronte allo stesso contesto, ripetiamo esattamente le stesse azioni che ci hanno portato, le volte precedenti, ad incasinarci la vita, salvo poi lamentarci che “le cose non cambiano”.
Su questo, devo ammetterlo, abbiamo ragione: LE COSE NON CAMBIANO, SE NON LE CAMBI!
La stessa faccenda, gestita dieci volte con lo stesso metodo, genererà dieci risultati sempre identici! Una piccolissima variabile, invece, può diventare una rivoluzione, meglio ancora un’evoluzione.
Sì, perché a noi le rivoluzioni non servono, non siamo in grado di farle e di gestirle: a noi servono EVOLUZIONI!
Il discorso che farò è lungo, forse complesso, ma non complicato. Partirò dal generale, per arrivare al particolare.
So bene che molte persone abbandoneranno la lettura, appena appuratane la lunghezza. Scriverò per tutti gli altri, sperando che qualche rinunciatario abituale rivoluzioni se stesso, cambi le proprie modalità ed arrivi fino in fondo.
Ho già fatto, in altri articoli, gli esempi delle nobili “rivoluzioni”, che poi sono fallite: la rivoluzione popolare russa, ad esempio, sfociata prima in una dittatura manifesta e poi, in tempi recenti, in una più mascherata.
Oggi è il 14 Luglio, anniversario della presa della Bastiglia e dell’inizio della rivoluzione francese. Si tratta di un giorno storico, di eventi cari non solo alla Francia, ma a tutto il mondo occidentale. Qualsiasi bambino d’Europa associa sentimenti positivi all’espressione “rivoluzione francese”, perché simbolo di autodeterminazione, di lotta alla tirannide e di Libertà.
È vero! Quel periodo rappresenta effettivamente tutto questo, ma non solo e non del tutto!
Quadro storico: “LA” rivoluzione del 1789 fu solo la prima dei moti rivoluzionari francesi, seguita da altri due eventi nel 1830 e nel 1848. Generalmente la si associa alla caduta della monarchia, che in realtà fu subito restaurata da Napoleone, neanche 20 anni più tardi. Si dovette aspettare il 1848 per vedere nascere un’effettiva e duratura repubblica.
Non solo: alla rivoluzione del 1789 seguì un periodo che oggi chiamiamo “del terrore”, che si concretizzò nell’annullamento di ogni libertà di opinione, pena la decapitazione.
Nella “libera” Francia post-rivoluzionaria, non potevi azzardarti a muovere una blanda critica al nuovo sistema, se volevi tenerti la testa attaccata al collo.
Successe a molti, perfino ad alcuni promotori della stessa rivoluzione: Robespierre, ad esempio, dopo alcuni dissapori con “i nuovi capi”, fu prima sparato in volto, poi curato e poi ghigliottinato.
Ora capite perché, pur essendo abituato a farlo, io MI RIFIUTO di scrivere “rivoluzione francese” con la lettera maiuscola?
Capiamoci: io non nego le importanti conquiste della rivoluzione nel 1789! Fu un momento fondante della nostra società: dalla Francia, dopo quel periodo, il concetto di “monarchia costituzionale” si diffuse in tutto il continente, portando con esso il primo seme della moderna “democrazia” e della “sovranità popolare”.
È vero che in Inghilterra l’idea che il potere monarchico non fosse poi così assoluto esisteva già da circa 600 anni, ma non aveva mai completamente attraversato il mare e giunto al continente. Con la rivoluzione del 1789 divenne, invece, virale.
Quindi, io capisco l’importanza del momento, come comprendo che, dopo secoli di soprusi, l’inizio non potesse non essere violento: il 14 Luglio del 1789 i francesi assaltarono la Bastiglia, ne saccheggiarono gli arsenali e liberarono i detenuti politici, per poi iniziare la guerra civile.
IO TUTTO QUESTO LO CAPISCO, ma c’è una cosa che mi fa incazzare, più di ogni altra: il fatto che, alla fine di tutto, abbiano abbattuto la Bastiglia, in quanto “simbolo del potere tirannico”.
Sapete cosa resta in quella piazza oggi? NULLA! C’è un obelisco che funge da rotatoria!
Secondo voi, quanto quel monumento, oggi, rappresenta e ricorda il “potere tirannico”?
Ve lo dico io: tanto quanto Puffetta ricorda Pamela Anderson, vale a dire “molto”, ma solo se hai delle chiare disfunzioni cognitivo-sessuali!
Sappiamo tutti dove sto per arrivare, ma tranquilli, sarà solo di passaggio: LE STATUE!
Oggi abbattiamo le statue dei personaggi che abbiamo giudicato “razzisti”: cosa resterà a ricordarne il razzismo? NULLA!
Quindi, se nulla ci ricorda i nostri errori, siamo destinati a ripeterli in eterno!
A tutto questo c’è da aggiungere che più passano le generazioni e meno gli esseri umani sono interessati a studiare la storia, perché “noiosa”!
Chiamatemi pedante, ma devo tornare a parlare della statua di Indro Montanelli.
Quell’uomo, all’epoca in cui si macchiò dei crimini sessuali di cui è accusato, non era il mostro tra le pecore: no nera un’eccezione, era un ventenne esattamente in linea con tutti gli altri.
Il problema non era Indro Montanelli, ma il popolo che rappresentava e che aveva scelto il regime in cui viveva!
La statua di Montanelli ci da fastidio non perché ci ricorda i suoi crimini, ma quelli di tutta una popolazione!
Ecco perché non dovremmo rimuovere la statua, ma costruirne una ancora più grande, totalmente ricoperta d’oro, illuminata da potentissimi fari e con la cubitale scritta “a memoria di quanto siamo stati coglioni”.
Siamo ossessionati dal rimuovere la memoria delle cose, come si fa dopo la rottura di un fidanzamento con le fotografie. È così che dimentichiamo, che mettiamo a margine e poi ripetiamo gli errori!
Come in ogni aspetto della Vita, applichiamo le stesse procedure a prescindere dall’ambito.
Così, come dimentichiamo i grandi eventi storici, rimuoviamo anche le “piccole” vicende più personali, che rapportate al contesto individuale non sono poi tanto piccole.
Scegliamo sempre le stesse tipologie persone di cui innamorarci. Viviamo i rapporti e le rotture, sempre allo stesso modo. Reagiamo ai litigi, in maniera sempre identica. Viviamo i conflitti, senza mai cambiare una virgola nei nostri comportamenti, a prescindere che si tratti di famiglia, lavoro, amicizia o amore.
Nei rapporti sociali, utilizziamo sempre le stesse modalità, però poi ci lamentiamo del risultato sempre identico.
Come con la statua di Montanelli, quindi, invece di rimuovere quel ricordo, dovremmo tatuarcelo su un punto ben visibile del corpo: “Ricordo di quanto sono stato coglione”, con la data!
Non dobbiamo fuggire dalla memoria degli errori, non dobbiamo rimuovere il dolore di una caduta: dobbiamo conservarlo, assorbirlo e ricordarlo bene, quando si ripresenterà l’occasione di perseverare.
Solo così saremo in grado di cambiare strada, di aggirare l’ostacolo e non inciampare, saltare il fosso e non cadere.
Non abbiamo bisogno di rivoluzioni, ma di un’evoluzione personale in ognuno di noi.
Sarà banale, ma credo che si tratti si una semplice questione di Amore per noi stessi, di cura per il nostro mondo interiore e per quello esterno.
Prima di poter dire di amare la Vita, dovremo imparare ad odiare quando l’abbiamo sprecata.
Io ci sto provando, ogni giorno, a non ri-commettere gli errori già fatti, piccoli o grandi che siano già stati.
Provate anche voi: modificate una piccola variabile, magari cambierete tutta la vostra vita!
Foto di George Becker da Pexels