Strappatemela da dentro,
come un cerotto dalla ferita,
come un dente penzolante,
come una scheggia da un dito.
Forse urlerò, mi ribellerò,
cercherò di divincolarmi,
di scacciarvi lontano,
ma sarà solo un attimo,
per il dolore della perdita
di quell’oggetto estraneo,
ormai adattato al mio corpo,
in placida e velenosa simbiosi.
Stappatemela da dentro,
anche se dovrete lacerarmi
un pezzo intero dell’anima,
che le rimarrà attaccato,
inevitabilmente legato.
Strappatemela da dentro,
liberate le mie notti,
riscattate i miei risvegli,
alleggeritemi l’esistenza.
Strappatemela da dentro,
quando sarò distratto,
coglietemi alle spalle,
quando indosso il costume
da giullare urbano danzante,
affinché non possa svestirlo.
Strappatemela da dentro,
finché sarà solo un ricordo,
finché resterà ancora tale,
impedite che fermenti
in un nuovo fantasma.
Strappatemela da dentro.