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Sto valutando se prendere o meno i biglietti per il Jova Beach Party e mi chiedo se potrò portarmi la borraccia!
Sì, quest’articolo sarà una riflessione sull’impatto ambientale di un evento che, volenti o nolenti, è al centro di molte polemiche, fin dalla sua prima edizione, prima della pandemia di Covid.
Prima di cominciare, però, voglio chiarire che io non ho alcun pregiudizio, né contro l’evento in se e né contro Lorenzo Cherubini, in arte Jova(notti).
Anzi, da qualche parte, a casa di mia madre, deve esserci ancora un’audiocassetta, con la registrazione di un “Me” bambinissimo, che canticchiava “No Vasco, no Vasco”.
Quindi, stiamo parlando di un personaggio che mi è sempre andato particolarmente a genio e al quale sono legati perfino alcuni miei ricordi (felici) d’infanzia.
Il Jova Beach Party unirebbe, di conseguenza, un artista che mi piace, con altre due cose che adoro: il mare e la musica.
Sembrerebbe tutto perfetto, no?
Lo sarebbe, se non fosse per le preoccupazioni che ho, relativamente a una quarta cosa, che mi sta a cuore: l’ambiente.
Portare decine di migliaia di persone su una spiaggia, a fare un mega party, mi preoccupa molto, soprattutto tenendo presente che siamo in Italia e gli italiani non sono proprio famosissimi e accorati ecologisti.
Devo confessare che ho dei problemi, anche nello scrivere quest’articolo: da un lato, non vorrei che la mia simpatia per l’artista mi portasse a sorvolare e accettare tutto, troppo facilmente, dall’altro non vorrei accadesse l’esatto contrario.
La prima cosa che ho fatto, quindi, è stata cercare online delle fonti attendibili, articoli a tema e dichiarazioni pubbliche dell’organizzazione, scoprendo che quest’anno il tour è affiancato niente di meno che dal WWF, oltre che da una serie d’iniziative preventive e successive, con lo scopo di ridurre, se non azzerare, l’impatto ambientale.
Una di queste iniziative è “Ri-Party-Amo“, che nasce dalla collaborazione tra WWF e Jova, ma si ramifica, poi, nella vita di tutti i giorni, con lo scopo di arrivare a influenzare la nostra quotidianità e rendere tutti più sensibili al nostro personale impatto ambientale.
In, particolare, per il Jova Beach Party, ho capito che saranno messe in atto alcune attività, in particolare:
- Campagne di sensibilizzazione;
- Ispezione dei siti, nei giorni precedenti il concerto, ad esempio per individuare i nidi di tartarughe marine;
- Valutazioni ambientali preventive da parte del WWF;
- Scelta di spiagge già antropizzate e comunemente utilizzate dall’uomo, per la balneazione;
Autorizzazione regionale necessaria, per i siti in prossimità delle aree elencate nella rete “Natura 2000“; - Incentivi all’utilizzo di mezzi di trasporto collettivi;
- Predisposizione di “parcheggi sicuri” per le biciclette;
- Distribuzione di porta-cicche “usa e getta” all’ingresso;
- Utilizzo d’imballaggi monomateriale, per favorire la raccolta differenziata;
- Dematerializzazione di alcuni servizi;
- Scelta di periodi con minor rischio di presenza di presenza animale;
- Vendita di bevande in contenitori di carta riciclata e alluminio;
- Azioni di pulizia selle spiagge, nei giorni successivi;
- Riduzione drastica dei mezzi di trasporto del service.
Oltre queste “cautele”, l’organizzazione e molti commentatori ci tengono a precisare che alcune delle arree, scelte per i precedenti concerti e fino ad allora ritenute degradate, sono state lasciate in condizioni migliori di com’erano.
Ad esempio, la spiaggia scelta a Castel Volturno, il luogo dove sto pensando anche io di partecipare, fu completamente ripulita da rifiuti e detriti di ogni sorta.
TUTTO molto bello, ma ancora, dentro di me, la sola parola “WWF” non bastava a tranquillizzarmi.
Sono felice di apprendere di tutte le cautele prese e posso anche credere al fatto che i siti scelti siano stati recuperati e restituiti al mondo in condizioni migliori, ma dentro di me rimbombano tanti dubbi, che elencherò di seguito.
Uno dei primi dubbi riguarda quello che non si può prevedere, come la presenza di nidificazioni.
Proprio a Castel Volturno, per esempio, neanche un mese fa si è scoperto il primo nido di Caretta Caretta e non è un segreto che molti nidi restano “occulti”, fino alla schiusa, altrimenti non si parlerebbe di “scoperta”.
Io mi chiedo, appunto, come si fa a definire una spiaggia esente dal rischio di nidificazioni?
Come facciamo a sapere che, sotto i balli e i salti della folla, non ci siano delle uova, magari deposte quando i lavori di preparazione ancora non erano cominciati, dato che la gestazione di un nido di Caretta Caretta dura tra i 40 e 90 giorni?
Si parla di “periodi a basso rischio”, ma la maggior parte dei concerti sono programmati tra Luglio e Agosto, che è il periodo di picco per la schiusa di queste uova.
Quindi, come si fa a prevedere l’imprevedibile?
Passo ad altro, ovvero il disturbo acustico e luminoso: un concerto, infatti, produce vibrazioni (che si propagano verso il basso), suoni, rumore e un bel po’ d’inquinamento luminoso.
Solo le persone che camminano, ballano e saltano, per un piccolo animale, sono l’equivalente di un forte terremoto, per un essere umano.
A questo dobbiamo aggiungere la musica, i boati, i cori e poi le luci, che illuminano “a giorno” la zona.
La mia preoccupazione è che tutto questo influisca sulla normale vita della fauna della zona, dall’uccello che caccia di notte, destabilizzato dalle luci, alle tartarughe, che eviterebbero di nidificare in quei giorni.
Questo rischio non sarebbe assolutamente annullato dalla scelta di un sito senza presenza animale, perché luci e vibrazioni si propagano per chilometri, influenzando zone anche parecchio lontane dall’area del concerto.
Quindi, come si fa? Suoniamo e cantiamo sottovoce? Invitiamo le persone a saltare piano e camminare in punta di piedi? Utilizziamo le candele?
Vorrei che qualcuno me lo spiegasse!
Un altro dubbio, be più semplice da condividere, è quello direttamente legato ai rifiuti.
Mi piace l’iniziativa di distribuire porta-cicche monouso, io ne ho sempre uno con me, ma vogliamo davvero credere che saranno utilizzati da tutti, nella foga del concerto?
Ci sarà sempre una cicca che cadrà nella sabbia e che sarà schiacciata e mandata in profondità, dove sarebbe difficile da raggiungere anche dall’attività di pulizia più minuziosa.
In più, stiamo parlando di una spiaggia, quindi vicino al mare, cosa che mi fa preoccupare anche per le cicche che andranno disperse, tra le onde.
Oltre alle cicche, ci sono poi tutti gli altri rifiuti! Apprezzo l’idea di utilizzare carta e alluminio, al posto della plastica, ma restano comunque rifiuti solidi.
Soprattutto i bicchieri di carta, seppur riciclata, lo sappiamo bene, sono comunque trattati con sostanze chimiche, che li rendono resistenti e impermeabili.
Bene o male, questi sono i dubbi più sostanziali, che mi salgono, pensando a un concerto, di tale entità, su una spiaggia, ma a questo punto comincio a pensare anche alla stessa filosofia, alla base di tutto.
L’idea del Jova Beach Party è, infatti, portare la musica fuori dagli stadi e dai suoi luoghi deputati: io mi chiedo “perché”?
Perché dovremmo farlo?
Ci lamentiamo dei cinghiali che invadono le nostre città, ma loro non sanno che sono “nostre”. Poi, però, decidiamo d’invadere i luoghi deputati della natura, pur consapevoli che siano tali!
Mi sembra, francamente, un controsenso e una bella mancanza di rispetto!
Capiamoci, lo ripeto, anche io sono attirato dall’idea di prendere parte a questo concerto e passare una giornata di mare, sole, musica, divertimento e spensieratezza, ma poi mi interrogo sul costo di questa “leggerezza”.
Sarebbe, per riprendere una vecchia mia battaglia, un “take it easy“, forse, troppo “easy”!
Voglio, però, dare fiducia a un’istituzione prestigiosa come il WWF e a un artista, da sempre, attento alla questione ambientale, come Jova!
Voglio credere che, davvero, non solo questi concerti non avranno un impatto ambientale negativo, ma ne avranno addirittura uno positivo, recuperando aree prima degradate.
Voglio credere che tutti i partecipanti utilizzeranno i cestini dei rifiuti e i porta-cicche. Voglio credere che le azioni di valutazione ambientale saranno efficaci, che nessun animale sarà disturbato e che, alla fine, tutte le aree saranno ripulite.
Voglio credere a tutto questo e sperare, anzi, che avrà un ruolo “educativo”, nella vita di chi andrà al concerto.
Magari, almeno lo spero, quei porta-cicche saranno utilizzati anche il giorno dopo, sensibilizzando le persone sul danno che un mozzicone di sigaretta può fare all’ambiente!
Sì, voglio “pensare positivo, perché son vivo” e credere a tutte le buone intenzioni, ma ho ancora una domanda da fare, direttamente a Jova!
Caro Lorenzo, sappiamo bene che ai concerti non è possibile introdurre bevande, con la motivazione della “sicurezza”, un po’ come sugli aerei.
Tante volte abbiamo assistito a litri e litri d’acqua, buttata via come se non avesse alcun valore, agli ingressi degli stadi e dei palazzetti.
Io ho sempre pensato che sia una scelta incivile, perché l’acqua è un bene primario e c’è chi potrebbe averne più bisogno degli altri, magari per questioni di salute.
In più, una bottiglietta d’acqua, ai concerti, costa davvero più di quello che dovrebbe, cosa che mi fa sospettare che la “sicurezza” sia solo un modo elegante di giustificare il profitto.
Quindi, caro Lorenzo, lo chiedo a te, che sei il garante e il rappresentante di tutte le buone intenzioni a cui io voglio credere: posso portare, con me, una borraccia?
Perché non fate una vera rivoluzione e predisponete una distribuzione gratuita (o a basso costo) di acqua potabile, per riempire le proprie borracce?
Questo, sì, sarebbe un gesto che mi spingerebbe a credere, con un animo molto più leggero, perché fugherebbe, meglio di ogni altra cosa, il sospetto che tutto il circo sia una questione di profitto!
Un pensiero su “HEY Jova, mi fai portare la borraccia?”