A che serve tenere una barca in quel porto,
se non per trascinarla in mare e navigare?
A che serve tenere la Luna alta in quel cielo,
se non la porti in terra, afferrandola con gli occhi?
È forse la barca a volere restare ferma, in secca?
È forse la Luna a rifiutarsi di ispirare le poesie?
Forse, più probabile, siamo noi a guardare altrove,
a prestare i nostri sguardi distratti a zattere e sassi,
pretendendo di far di loro avventure ed allunaggi,
lasciando al mare e alle stelle il ruolo di gregari?
Non lamentiamoci allora dei naufragi e dei crateri,
quando oceani ed universi ci solcano gli occhi,
mentre noi li chiamiamo pozzanghere e riflessi.
Quando vediamo l’immenso e gli mettiamo confini,
stiamo creando e meritando i nostri stessi limiti.
Ci lasciamo arrugginire nell’anima e nel cuore,
mentre il sale del tempo ci corrode i pensieri,
ossidandoli fino a renderli sottili e trasparenti,
in attesa che qualcun altro ci soffi in quelle vele
che abbiamo tenuto legate e negate al vento.
La Luna, intanto, resta a guardarci aspettare…