Quando è successo? Qual è stato l’istante in cui ho iniziato ad odiare tutti, indistintamente?
Provo una rabbia profonda, che abbraccia l’intero genere umano, in maniera democratica ed orizzontale, talmente onnicomprensiva da essere rivolta anche contro me stesso.
Si tratta di odio vero, puro e senza fronzoli. È un odio lucido, così profondo e distaccato da non desiderare neanche il male delle persone, ma solo il loro allontanamento.
State tranquilli, non sto progettando una nuova Colombine, non ho interesse a sterminare persone: sarebbe un inutile spreco di energie per me, che non ho poi tutta questa voglia di darvi ancora attenzioni, cure ed importanza.
Il mio odio non è quello stupido ed immotivato del razzismo o dell’omofobia, non è il rancore di genere, ma qualcosa di più alto: è bisogno di spazio, di libertà dal contatto umano, di totale ed incondizionato isolamento emozionale.
Ad un certo punto ho capito che non me ne frega più nulla di quello che accade ai miei simili, perdendo ogni capacità di provare empatia. La cosa buffa è che tra gli esseri umani ci sono, ovviamente, anche io.
Sì, odio anche me! Per meglio dire, mi ignoro: non ho più alcun interesse a preoccuparmi di stare bene o di evitare di star male, di perdere un amico, una donna, tempo, chili, soldi o salute.
Tutto, nella mia vita o in quella degli altri, è fottutamente irrilevante e mi passa attorno, come una roccia al centro di un fiume: secondo voi le frega qualcosa dell’acqua?
La roccia se ne sta lì, immobile, attendendo che la corrente la consumi, lentamente, istante dopo istante e non può far niente per evitarlo.
Mi manca la voglia, l’energia e la giusta motivazione per coltivare la mia umanità.
Capiamoci bene, se dovessi trovare una persona in terra, in preda ad un malore, la aiuterei ancora, ma con distacco!
Ti salvo la vita, ma con la consapevolezza che molto probabilmente tu non lo faresti per me, quindi se vivi o muori non è che mi cambia la vita: è un problema tuo, io sono solo quello che ti da un passaggio fino all’ospedale.
I miei problemi sono solo miei, perché io me li sono creati, attivamente o passivamente, facendo qualcosa o non evitandola: anche per te è lo stesso e non ho intenzione di essere la tua discarica emozionale.
Non so quando è successo, il momento esatto, ma so come: assorbendo, anno dopo anno, le paranoie e la negatività di tutto ciò che mi circondava. Per tutta la vita ho ascoltato, pazientemente, le confessioni, i pesi e le angosce, di chiunque, spesso subendole.
Il grave problema è che, dopo averle assorbite, le macchie oscure delle persone ti restano dentro e da qualche parte devi pur vomitarle.
Quando c’era Aurora le rigettavo in una canzone o in una poesia, oggi restano solo le persone e, dato che sono troppo pigro per sterminare il genere umano, ho cominciato ad eliminarle dalla rubrica, poi dalla vita, poi dal ricordo e così via.
Lo so, così mi farò terra bruciata attorno, ma la roccia se ne fotte altamente se il fiume si secca: non può fare niente per evitarlo! La roccia non può far piovere, non può aprire un nuovo affluente, può sono restare al suo posto ed osservare il limo seccarsi, il muschio staccarsi, il letto del fiume tramutarsi in un lungo e rugoso serpente di terra arida.
Non auguro ai miei simili alcun male, non gioirò se dovessero averne, ma neanche lo farò per il loro bene: che stiate bene o stiate male, a questo punto, a me non cambia niente.
Cambierà qualcosa? Aurora tornerà dal mondo dei morti? Qualcuno si augura di no… Forse anche io… Non lo so!
Per ora la situazione è questa e, volente o nolente, devo imparare ad ignorare il fatto di ignorarvi.
Io sono l’uomo che dalla montagna guarda gli eserciti sterminarsi. Sono il passante che osserva la rissa. Sono lo spettatore che, sgranocchiando pop corno, assiste alla fine di una storia d’amore in un film.
Intanto, fuori dal mio ego, il mondo brucia ed io non ne avverto neanche il calore.
Sto bene, sto male? Faccio bene, faccio male? Se disimparerò ad odiare non sarà certo per merito mio.
Sentitamente di nessuno,
IO!