Quanto ci piacciono le favole? Quel rassicurante incipit in cui ci identifichiamo, quell’aura di mistero che si infittisce avvicinandosi allo zenit della storia e poi il sollievo del lieto fine: tutto molto bello, vero?
Non proprio, perché quella appena descritta è la classica struttura delle versioni della Disney. In quelle originali, essendo scritte per fini spesso educativi, il lieto fine non sempre era previsto.
Eppure, le versioni Disney sono, almeno per la mia generazione, quelle stampate nel cervello: Re Artù si chiama Semola, Cucciolo è sempre raffreddato e la Bestia veste di blu.
È proprio su “La Bella e la Bestia” che voglio soffermarmi, una favola storica, risalente al XIIX secolo (ovviamente D.C.), ma con molti risvolti moderni.
È talmente moderna che che ne è stata prodotta una versione merdo-cinematografica per i millennials, qualche anno fa.
Prima di scrivere questo post, mi sono informato, per sommi capi, sulle varie versioni, sulla storia, sulle origini e sulla trama di questa favola. Riassumendo, si può dire che, originariamente, fosse una critica al mal-costume, tipico dell’epoca, di risolvere i problemi economici delle famiglie, dando le belle figliuole in sposa a ricchi signorotti, che dietro i bei modi erano bestie. La sotto-morale, invece, stava nel fatto che queste belle fanciulle venivano negate ad esseri apparentemente più bestiali, ma con un gran cuore nascosto dagli stracci.
La versione Disneyana, in buona sostanza, è molto vicina a questa visione, anche se nettamente edulcorata.
La Bella è una fanciulla delicata ed avvenente, che si ritrova, suo malgrado, a vivere con la Bestia in un grande castello, servita e riverita da monili magici, vestita di abiti sfarzosi e con ogni ben di dio sul tavolame. Lei soffre molto per questo distacco dal suo mondo felice, fatto di lavoro casalingo h24, un corteggiatore stalker (di cui è comunque innamorata persa) e una storia familiare fatta di fallimenti economici e umiliazioni: tutto molto romantico.
La Bestia è un essere umanoide pelosissimo, con la testa che ricorda il frutto di un incrocio genetico tra un leone e un cinghiale, il carattere delicato e cordiale di un gorilla sodomizzato e una storia familiare così sfigata da fare pena alla piccola fiammiferaia: tutto ben shakerato al bar del maleficio, con magia nera liscia ed una scorzetta di emarginazione, servito on the rocks.
Altro personaggio/non personaggio della storia disneyana è una rosa incantata (anzi maledetta), che perde petali e si ammala con il passare del tempo. Alla vita della rosa è legata quella della bestia: un legame che potrà essere spezzato, inutile dirlo, solo dal Vero Amore (che, in questo caso, è quello che si pronuncia con la “o” aperta, perché la Bestia è cafona).
La storia parte dalla vicenda che la Bestia libera il padre della Bella dai debiti, in cambio della fanciulla: sembra scandaloso, ma nel contesto epocale in cui si svolgono i fatti è una pratica normale. La Bestia si comporta come un comune uomo alto-borghese del suo tempo, solo più peloso.
La Bestia all’inizio non riesce ad essere un padrone di casa accogliente e gentile, perché… Beh, perché da tutta una vita è abituato a parlare con un candelabro, un orologio ed una teiera parlanti: è alienato, mi sembra anche normale!
Bisogna, tuttavia, sottolineare che il mostro ci prova: regala alla Bella un vestito, le concede dei servitori… Ok, non è proprio un comportamento sa principe azzurro, ma (ripeto) è tipico dei signorotti del suo tempo.
Il rapporto tra Bestia e Bella, nonostante il brutto carattere del mostro, è inclinato a favore della fanciulla, sin dall’inizio della storia. Lo si capisce da come i due si chiamano reciprocamente.
Lui (la Bestia) chiama lei (la ragazza) con il suo nome, “Belle” (che originalità).
La ragazza, invece indovinate come chiama la Bestia? “BESTIA”, così la chiama. A questa cessa infame ed ingrata neanche sfiora la mente l’idea di chiedere il nome dell’animale… Che poi è anche figo: “Adam”.
Che soddisfazione sarebbe girare una versione in cui, al primo “BESTIA”, lui risponde “dimmi, stronza”…. AH, ci faccio un pensiero!
La Bella, nel castello, può fare quello che straminchia le pare, tranne andare nell’ala ovest. Ovviamente lei che fa? Va nell’ala ovest!
Lì trova la rosa incantata, solleva la teca di cristallo che la protegge ed accorcia la vita della Bestia di qualche decennio… Tutto molto educato e civile!
L’incivile, invece, è la Bestia, che si incazza come… ehm… Come una bestia!
La bella, allora, si spaventa e invece di chiedere scusa che fa? Fugge nel bosco, senza neanche sapere dove cazzo sta andando.
Nel bosco, la ragazza viene attaccata dai lupi e salvata dalla Bestia, che dopo aver perso 20 o 30 anni di vita per colpa sua, si sente pure in colpa per aver reagito urlando.
Da quel momento tra i due nasce una tenera amicizia (perché la bella non ci pensa proprio a dargliela): la Bestia diventa più gentile, più affabile, più delicata.
La Bella… Ehm… Rimane tale e quale a com’era, solo un po’ meno spaventata, perché la bestia è cambiata, proprio come lei voleva.
Alla ragazza, però, manca la famiglia e la Bestia, non essendo più così bestia, le concede di vederla con lo specchio magico, scoprendo che il padre la sta cercando nel bosco, stremato e ferito… Ma porca puttana, dico io, lo sapete che nel bosco vi fate male, perché ci andate?
La Bestia, alla fine, commossa, concede alla ragazza, dunque, di andare via, regalandole anche lo specchio magico e rinunciando ad ogni possibilità di spezzare l’incantesimo.
Tornata, la Bella, al villaggio scopre che il padre, uomo di grande dignità e levatura morale, oltre che a farsi altri debiti, ha spifferato ai villani tutta la storia sulla Bestia, venendo preso, ovviamente, per matto.
La Bella, che vuole bene al padre che l’ha venduta alla Bestia, decide di riabilitarlo, mostrando al popolo il peloso essere, tramite lo specchio fatato: il popolo, impugna i forconi e decide di uccidere la bestia che, per intenderci, non aveva fatto del male ad anima viva e se n’era sempre stato per i cazzi suoi.
C’è da dire che sta cazzo di Bestia, oltre che brutta deve avere anche qualche serio ritardo mentale, perché, invece di preoccuparsi del fatto che sta per morire, si strugge di malinconia per la mancanza della fighetta che l’ha appena venduto al popolino. Tutto molto romantico, ripeto.
Il finale è epico: mentre si svolge una battaglia tra le tazzine animate e i villani, lo stalker attacca e ferisce la Bestia, che non reagisce perché troppo preso a stare male per amore, poi interviene la Bella che riporta spirito combattivo nell’animale.
Lo stalker viene sconfitto, ma intanto la rosa incantata sta perdendo l’ultimo petalo. La bella rivela il suo amore alla Bestia, che si tramuta in un principe dall’aspetto di un dio greco.
… E TUTTI VISSERO FELICI E CONTENTI.
Come andrebbe ai giorni nostri, calando la favola nella realtà quotidiana della moderna società “civilizzata”? Di certo l’avanzato genere umano non prenderebbe i forconi contro la bestia, giusto?
[Spazio per sonore risate]
I forconi non sarebbero forconi, ma risate, conclusioni affrettate, etichette: il forcone si chiamerebbe giudizio… Pre-giudizio!
La bella non tornerebbe dalla bestia… Anzi, non ci andrebbe proprio, fottendosene altamente della promessa fatta dal padre: manderebbe un sms liquidando l’animale in poche frasi.
La Bestia rimarrebbe “una bestia”, magari non pelosa e probabilmente neanche rumorosa, ma con addosso la stessa identica maledizione, che però non verrebbe sciolta, né in vita, né in punto di morte.
I monili animati, che nella favola servono e fanno compagnia alla bestia, sarebbero passatempi, canzoni, poesie… Magari un blog, testimone inconsapevole della sua sincera bestialità.
A questo punto, spontanea, sorge una domanda? Chi è, nella favola, la bestia? Se “Il cattivo” è colui che fa del male, allora è il personaggio meno peloso: la Bella, è lei la Bestia vera.
Pensateci… Analizziamo il personaggio della Bella.
È una stronza: non conosce il nome della Bestia e neanche lo chiede.
È maleducata: gira fregandosene delle regole della dimora… Dell’UNICA regola!
È pericolosa e nociva: toglie la teca e con essa anni di vita al mostro.
È infame: tradisce la Bestia che, invece, aveva mostrato compassione.
La Bella è considerata tale solo perché esteticamente gradevole e composta nei modi, ma in sostanza è davvero una merda di persona.
La Bestia, invece, a parte inveire, non fa del male a nessuno, anzi salva la Bella dai lupi, oltre il padre dal fallimento.
L’incantesimo, rendiamocene conto, non è stato rotto dalla Bella a vantaggio della Bestia, ma il contrario: era la donna a non saper guardare oltre, ad essere “bestiale” nelle sue dinamiche sociali. Una volta rotto l’incantesimo ha visto la Bestia per quello che è sempre stata: un essere incattivito dalla negazione di una carezza.
“La Bella e la Bestia” è una bellissima favola sul pregiudizio, che parla di un rapporto tra una brutta persona ed una persona brutta, che si potrebbe tranquillamente ribattezzare “La Bella è la bestia!”
Non c’è niente da fare… Ne sono sempre più convinto:
siamo tutti Belli con le Bestie degli altri!
Ps: Aurora mi ha mandato una cartolina, dice “sto bene, prosit”.
Un pensiero su “La leggera bestialità dei belli: revisionismo di una favola.”