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Ci sono persone ancorate al passato, altre che sono già con un piede nel futuro: Kathy Switzer, nel 1967, nel futuro ci arrivò correndo!
Il problema di essere ancorati al passato è che il futuro, come la marea, arriva sempre e se non ti disancori finisci per annegare: cazzi tuoi!
A pochi di voi diranno qualcosa i nomi Kathy Switzer, Arnie Briggs, Tom Miller e Jock Semple. Anche a me erano sconosciuti, in effetti la loro è una storia che ho scoperto per caso, ma questo non vuol dire che non valga la pena raccontarla.
In questa storia Kathy Switzer è la protagonista assoluta, l’eroina cocciuta e indisponente, che si mette di traverso al sistema.
Arnie Briggs, invece, è il vecchio saggio, il “maestro Miyagi” della situazione.
Tom Miller, il fidanzato di Kathy, è il sodale, il personaggio apparentemente secondario, ma fondamentale proprio nel suo ruolo di “farsi da parte”.
Jock Semple, invece, è lo stronzo. Anzi, no, perché lui è quello che, alla fine, affogherà, travolto dall’onda del futuro, mentre sappiamo che gli stronzi galleggiano… Beh, lui, allora, è lo stronzo di una dimensione parallela, nella quale i pezzi di merda vanno a fondo.
L’antefatto è semplice: il 19 Aprile del 1967 Kathy Switzer partecipò alla maratona di Boston, terminandola anche con un discreto tempo (26.2 miglia in 4 ore e 20 minuti).
Sembrerebbe un evento normalissimo, se lo leggiamo con la coscienza di chi vive nel 2023, ma in realtà è straordinario, perché nel 1967 la maratona di Boston era preclusa alle donne!
Lo sport, infatti, era considerato un’attività prettamente maschile e le donne erano state sì ammesse ai giochi olimpici, nel 1928 (32 anni dopo l’istituzione delle olimpiadi moderne), ma in competizioni meramente simboliche e spesso “facilitate.
Nell’atletica, ad esempio, la massima distanza concessa alle donne era di 800m, figuriamoci quanto fosse inimmaginabile accettarle alla maratona, nella quale si percorrono oltre i 42km.
Certo, qualcuna ci aveva provato, ma sempre fuori dall’ufficialità: Stamatis Rovithi, secondo alcune ricostruzioni, si era confrontata col percorso della prima maratona olimpica moderna, ad Atene, nel1896, un mese prima di quella ufficiale. Un mese dopo, tentando di “aggregarsi” a quella ufficiale, fu allontanata, in malo modo, dagli organizzatori.
Nel 1926, Violet Piercy, corse, anche se fuori gara, la maratona di Londra e oggi viene riconosciuta come la prima donna della quale esistano prove di aver percorso una lunga distanza.
Ma la gara simbolo dello sport moderno, come tante altre cose, era ancora preclusa alle donne e lo sapeva bene Roberta Gibb, che a Boston, patria della più antica maratona dell’epoca moderna, nel 1966, aveva fatto regolare domanda di partecipazione, ma era stata, come da prassi, scartata.
Roberta, allora, indossò una tuta larga del fratello, s’appostò tra alcuni cespugli, alla partenza, aspettando lo start e unendosi alla corsa, in maniera clandestina. Completò la gara con un tempo migliore di molti partecipanti “ufficiali” pene-muniti.
A questo punto, torniamo alla nostra storia, a Kathrine Switzer e agli altri co-protagonisti.
Era il 1967 Kathrine era una giovane studentessa di giornalismo, che amava correre e sin da bambina era stata cresciuta secondo i dettami dell’anticonformismo.
Un giorno fu notata da Arnie Briggs, ex postino e allenatore per diletto, che iniziò ad allenarla, appassionato dalla tenacia della giovane donna.
Arnie e Kathy svilupparono la rivoluzionaria idea di riuscire a partecipare, ufficialmente, alla maratona di Boston.
Tom Miller, il compagno di Kathy, era un promettente atleta del lancio del martello e sapeva bene che, nella società in cui vivevano, appoggiare il progetto poteva costargli la carriera, ma non ci pensò più di tanto e si schierò dalla parte del futuro.
Kathy s’iscrisse alla maratona, utilizzando le sue iniziali “K.V. Switzer”, la domanda fu ritenuta presentata da un uomo e le fu assegnato il numero 261. A Tom fu dato, per cronaca, il numero 390 e ad Arnie il 490.
Ai nastri di partenza, quel giorno, tutti si resero conto che il vaso delle loro sicurezze era andato in frantumi.
Kathy era una donna, ma era anche iscritta ufficialmente. L’errore era stato dell’organizzazione, lei non aveva agito fuori dalle regole.
A quel punto, non potevano impedirle di partire e così avvenne: Kathrine fu la prima donna a competere a una regolare maratona moderna.
Non c’era altro da fare che correre e quell’istante si può riassumere solo con le parole di Arnie: “Run, Kathy! Run like hell” (Corri come il diavolo).
Come in tutte le rivoluzioni, però, ci sono quelli che si sentono minacciati, perché in fondo sono consapevoli della propria inadeguatezza e temono il nuovo mondo che verrà!
Uno di questi era lo stronzo multidimensionale, di cui abbiamo parlato all’inizio: Jock Semple.
Semple era un ex atleta, allenatore e ufficiale di gara, che si attaccò a Kathy e tentò, ripetutamente e con violenza, di strapparle il numero, portandosi dietro un numero imprecisato di emulatori.
Quello che rende ancora più assurdo il comportamento dell’escremento umano è che neanche partecipava alla competizione.
La corsa si Kathy, così, si trasformò nella fuga di una rugbista, che corre verso la meta, mentre gli avversari tentano di azzopparla!
A questo punto, la storia personale di Kathy si avvalse della presenza dei due sodali: Arnie e Tom, si affiancarono all’atleta e ne difesero la corsa, spintonando e allontanando chi cercava di fermarla.
Kathy si divincolò, inciampò e si rialzò. Semple tentò di trascinarla fuori pista, ma Arnie e Tom lo spinsero via: così per tutto il tempo, fino alla fine, fino al traguardo, fino al futuro!
La storia era stata scritta e nessuno poteva più farci nulla!
Ci volle ancora qualche anno per rendere il cambiamento ufficiale: nel 1971 le donne furono ammesse alla maratona di New York e nel 1972 a quella di Boston. Nel 1984, invece, a Los Angeles, si tenne la prima maratona femminile olimpica della storia.
Oggi Kathy ha 76 anni e nel 2017, a distanza di 50, è tornata a correre la maratona di Boston, ovviamente col numero 261!
A questo punto, come in tutte le storie, bisogna trarre le conclusioni.
Io vi dirò cosa ho capito io, poi ognuno deciderà se e cosa imparare.
Io ho capito che, come si è detto, il cambiamento non lo puoi fermare: puoi provarci, certo, ma fallirai miseramente. Questo vale per le lotte personali di una persona, per quelle delle donne, per i diritti civili e in ogni ambito della vita umana.
Ho capito anche, ma forse è più una conferma, che nessuno può fare le rivoluzioni da solo: Kathy, infatti, non avrebbe ottenuto alcun risultato, senza l’impegno di tutte le atlete che l’avevano preceduta, preparandole il terreno e probabilmente ispirandola. In maniera (forse) minore, anche Tom e Arnie diedero il loro contributo all’impresa ed è giusto ricordarlo.
Ho capito che un uomo, di fronte a una donna che si mette in testa di cambiare il mondo, ha due scelte: fare come Tom e Arnie, scegliendo di far parte del cambiamento, oppure come Jock Semple, che sarà sempre ricordato per essere un pezzo difettoso di un ingranaggio ormai obsoleto.
Ho capito che non importa quanto la tua battaglia sia giusta, ci sarà sempre qualcuno che se ne sentirà minacciato e tenterà di fermarti, anche quando non avrebbe la minima ragione di farlo.
Ho capito che una donna, quando si mette in testa di cambiare il mondo, lo fa per l’intero genere umano e gliene frega poco del sesso di chi le offre aiuto.
