Qui, in bilico sul baratro, io danzo quasi immobile.
Con passo lento, mi muovo, oscillando appena,
su ritmi sincopati, armonie dissonanti,
melodie scomposte e cori di voci lontane.
Qui, in bilico, il tempo è fatto di istanti,
lo spazio si scompone in nuovi ignoti atomi.
Dietro: le voci mi spingono ad avanzare.
Avanti: fisso il vuoto e ne ho terrore.
Di fianco: altri danzatori, tutti anonimi.
Ognuno di loro porta in dono ventagli sbiaditi,
orge virtuali, fotografie sfocate, sorsi di rancore,
panificazioni sensoriali, incontri fortuiti,
storie da raccontare, scarpe smarrite,
lucciole spente, chitarre stonate, pezzi di stoffa:
compagni in solitudine, di se stessi armati.
Tutti, insieme, sincronizziamo le cicatrici
in una coreografia di intenti ed esitazioni.
Qui, in bilico sul baratro, tutto è equilibrio:
la paura di vivere e quella di morire,
il coraggio di saltare e quello di restare,
la voglia di un profumo e quella di tutti gli altri.
Qui, sul baratro, ogni movimento è pericolo,
ma anche salvifica consolazione artificiale,
un’elegante versione precaria di Casa.