Lì, dove desolazione e impeto s’accarezzano,
dove lo scintillare del buoi mi illumina
aderisco pienamente a me stesso.
Poeta errante o poeta per errore
all’apice del monte
continuo a salire.
Libero d’esser schiavo alla Legge del Karma
Tutto diventa Uno.
Inesorabile Esso procede, oltre l’intuizione Esso risiede,
Tacito è il Suo canto, colto solo attraverso l’incanto.
Questo è il mio verso, caro Whitman
Che sia il languido lamento di un padre silenzioso
o il primo gemito di una vergine,
Che sia la bestemmia di un vecchio
o il riso di un bambino,
Che sia leccarla o contemplarla nuda
nei suoi contorni, dall’arco plantare ai capelli mossi…
È tutto intimamente mio.
Saluti da Ginsberg.
È il girovagare strafatti
tra elfi, gnomi e nani,
È chiacchierare ubriachi con Kant
e cercare il neoplatonico principio
totalmente trascendente.
Alla ricerca della dimetiltriptamina
guidato dalla spasmodica avventatezza della mia volontà.
Tra viaggi astrali e sogni lucidi
mi barcameno diretto verso la guardinga e luminosa Luna,
custode della notte, della morte.
Amanti che astraggono i loro amplessi alle porte della notte,
E s’amano e danzano e scopano,
fino al trionfo degli orgasmi.
Una stretta di mano pallida
mi ripugna e mi commuove
come uno sputo di sangue sull’asfalto.
Erba viva che brucia nei polmoni,
Rhum duro che scorre nelle vene.
E l’occhio del mondo che ci osserva
Nei nostri tremori e limpidi amori.
È piuttosto sfiorarsi con gli sguardi
nell’eloquenza del corpo e nel tallonare degli impulsi.
Chiara mente, coscienza lucida e movente del cuore.
La mia natura di bodhisattva mi sussurra in un sussulto:
<<Fermenta l’empatia, matura il coraggio, affila la saggezza>>.
Medio Oriente, polveriera della biosfera
appassisce di giorno in giorno, di cadavere in cadavere,
In ogni bambino che spara un colpo di mortaio.
Spartana assurdità, laconico grido di guerra
che di Santo ha solo le sue vittime.
Affonda le sue radici in una
delirante, desolante, destabilizzante, deprimente
revoca di libertà.
Nero è il boato dell’odio.